Quanto i pesci, i crostacei e i molluschi sono “solo” esseri viventi o sono anche esseri senzienti?
Il “benessere animale”, in particolare quello relativo agli animali cosiddetti da reddito e più specificatamente a pesci, molluschi e crostacei pescati o allevati e destinati alla macellazione per uso alimentare, è una tematica complessa, difficile, controversa e non semplice da comunicare.
È molto difficile riuscire a trovare opinioni concordanti su cosa voglia effettivamente dire e cosa significhi, anche per scelte etiche che molte persone si sentono di fare in base a ciò che la loro coscienza gli suggerisce. È difficile anche esporsi per gli addetti ai lavori sia organi di controllo che operatori del settore ittico e trarre conclusioni a riguardo perché la complessità e delicatezza dell’argomento vanno a rendere necessari ingenti sforzi in ricerca e non sempre tutte le risposte della scienza e della ricerca sono così esaustive così come i riferimenti della normativa inerente questo ambito.
Già qualche anno fa mi ero occupata di questo importante tema non solo realizzando un dossier sul periodico Eurofishmarket ma anche organizzando una tavola rotonda di confronto tra tutti gli attori interessati a questo tema sia del settore pubblico che privato. L’evento , organizzato presso la sede della Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna, era stato molto partecipato sollevando grande interesse da parte di tutti riguardo in particolare la ricerca di soluzioni utili ad operare nel giusto ossia nel rispetto di una normativa più chiara su questi aspetti, di una ricerca più esaustiva e chiaramente utile a garantire alle specie ittiche destinate al consumo umano una produzione ed una gestione e macellazione nel massimo rispetto del loro “benessere” .
Il titolo del dossier era “Alimenti o Animali” e ben rappresentava il succo della diatriba che prosegue oggi in un nuovo dossier di approfondimento sull’ultimo numero di Eurofishmarket (n. 34/2022) dal titolo “Essere o benessere?” nel quale io e il collega medico veterinario, il Dott. Cesare Paolucci, abbiamo intervistato alcuni dei più autorevoli esperti su questa materia per comprendere soprattutto il limite tra essere “solo” un essere vivente al pari di una pianta, un fungo, ecc ed essere un essere al pari di un essere umano, un cane, un gatto…
C’è, fortunatamente, una sempre crescente sensibilità riguardo il benessere animale anche delle specie destinate alla produzione di alimenti e le specie ittiche, in particolare, stanno cominciando a ricevere particolare attenzione sia sotto questo profilo che per la loro sostenibilità che per l’eticità dell’economia promossa dai loro acquisti.
Con più prodotti che mai facilmente disponibili sui mercati internazionali, i consumatori possono ora scegliere tra tantissime proteine animali e nuove alternative, più o meno simili al prodotto naturale.
Un modo in cui i produttori di pesce possono rimanere competitivi in questo mercato sempre più spietato e dinamico è offrire prodotti di alta qualità e orientati al benessere, valorizzando gli sforzi dei pescatori e degli allevatori che portano orgogliosamente avanti tradizioni e industrie importantissime.
Un maggiore benessere e una migliore efficienza sono strettamente correlati. Una produzione efficiente spesso riflette una buona salute degli animali. Ciò è in parte dovuto al fatto che le popolazioni ittiche colpite da malattie sono soggette a tassi di mortalità più elevati e rese, in incremento ponderale giornaliero e/o resa alla macellazione, ridotte.
Gli allevatori che migliorano il benessere notano una minore aggressività, una riduzione dei danni alle pinne, un miglioramento dei tassi di crescita e un miglioramento dei rapporti di conversione dei mangimi.
Un trasporto e una movimentazione adeguati riducono ulteriormente i tassi di stress e mortalità, oltre a mantenere un’elevata qualità del prodotto.
I prodotti orientati al benessere sono apprezzati anche dai clienti, che sono disposti a pagare un extra per opzioni a favore del benessere, riconoscendo in questo uno dei maggiori drivers economici del futuro. Migliorando il benessere, gli allevatori non solo aumentano la loro efficienza, ma possono anche vendere i loro prodotti a un prezzo maggiorato, valorizzando i loro sforzi e giustificando i costi di produzione e aumentare le loro entrate.
Non si deve dimenticare, però, che questo settore viene tenuto in piedi da persone, che lavorano quotidianamente con passione e costanza: un benessere più elevato nei prodotti allevati può anche significare dipendenti e/o soci più soddisfatti del proprio lavoro.
Gli operatori del settore sono generalmente consapevoli che la mortalità può essere ridotta aumentando il benessere; in ogni caso cominciano ad essere sempre più le operazione volte alla loro maggiore sensibilizzazione in questo campo..
Le linee guida operative che includono il benessere delle specie allevate consentono ai lavoratori di migliorare le condizioni della piscicoltura. I lavoratori possono contribuire attivamente a tassi di sopravvivenza più elevati, il che aumenta il loro senso di realizzazione del lavoro, rendendoli effettivamente consapevoli dell’essenzialità del loro operato.
Il rispetto del benessere animale, inoltre, è proficuo in tutte le fasi della produzione. La Ricerca ha dimostrato che la scelta di un metodo di macellazione che riduca al minimo la sofferenza è essenziale per garantire un’elevata qualità del prodotto. Lo stress prima e durante la macellazione non solo affligge il pesce, ma apporta anche una significativa riduzione della qualità.
Fonti ufficiali riportano come i prodotti ittici possano contenere batteri, virus, biotossine e parassiti, che si verificano tutti più frequentemente in condizioni di scarso benessere, andando a provare che il benessere dei pesci allevati favorisce la sicurezza alimentare. Lo stress prolungato può anche aumentare la crescita batterica dopo la macellazione, oltre a favorire l’infezione e/o infestazione dell’animale in vita.
Malattie e parassiti, infatti, si diffondono frequentemente nelle popolazioni selvatiche, dove possono mettere in pericolo interi ecosistemi. Per combatterle, i pesci d’allevamento sono comunemente vaccinati e sottoposti a numerosi controlli, oltre ad aver stabilito in primo luogo le misure di biosicurezza più opportune a seconda della tipologia di allevamento.
Il mantenimento delle migliori condizioni di benessere animale aiuta anche l’ambiente, andando a incidere sulla qualità delle acque reflue, che altrimenti potrebbero contribuire in modo significativo all’eutrofizzazione, causando fioriture algali e zone morte oceaniche: appropriati sistemi di alimentazione riducono l’aggressività, migliorano i rapporti di conversione del mangime (FCR) e lasciano meno mangime sospeso nell’acqua, una densità di allevamento appropriata e un minore affollamento migliorano ulteriormente l’efficienza dell’alimentazione e portano a migliori FCR e una mitigazione dello stress in allevamento porta a diminuire la necessità di antimicrobici.
Nel dossier “Essere o benessere” ci siamo posti l’ obiettivo di riuscire, quindi, ad affrontare questo tema, il benessere animale, uno dei più importanti del momento e del futuro, per divulgare le conoscenze ed esperienze raccolte negli ultimi anni.
In particolare si sono rilevati importanti temi di discussione e, sebbene sia presente una ormai consistente letteratura scientifica a riguardo, risulta difficile trovare risposta ad alcune domande.
Rispettare il benessere animale dei prodotti ittici, infatti, implica conoscenze approfondite e specifiche a livello di ricerca scientifica ma anche l’applicabilità di questa parte nella pratica.
Per questo motivo abbiamo intervistato diversi professionisti, professori ed esperti del settore che tutti i giorni affrontano le tematiche della sostenibilità e della garanzia del benessere nelle produzioni zootecniche.
Stiamo parlando, infatti, di determinare come possa essere studiato questo argomento in un complessissimo mondo con organismi anche molto diversi tra loro.
Tra i prodotti ittici si possono annoverare infatti ad esempio pesci, crostacei e molluschi. Per avere un’idea della complessità di questo mondo, basta ricordare che i molluschi comprendono vongole, ma anche polpi e calamari e che sono davvero numerose le specie ittiche che vivono in habitat e condizioni ambientali molto diverse tra loro. Solo nel nostro Paese attualmente ne vengono commercializzate oltre 1000 differenti per le quali non è attualmente possibile riuscire a dare una risposta autorevole in merito a tutte relativamente a domande inerenti la loro biologia specie-specifica.
Stando ai dati FAO del 2020, sono più di 600 le specie di pesci allevate: questo singolo dato ci fa già riflettere sulla complessità del settore.
Parliamo infatti di pesci che vivono in acque dolci o salate, con tendenze alimentari molto diverse tra loro (dal prettamente erbivoro al carnivoro puro), con propensione alla vita di branco o solitaria. Tantissime sono quindi le diversità all’interno di questo singolo gruppo, che rappresenta una fetta importante della produzione del settore, ma pur sempre parziale rispetto alla totalità delle produzioni.
Pensiamo, infatti, anche a tutte le specie di pesce non allevate, bensì soggette alla cattura con attrezzatura da pesca, e a tutti i crostacei e molluschi.
Ognuna di queste specie può avere bisogni simili o molto diversi tra loro, e di conseguenza, non si può adottare un singolo metodo per garantire il benessere della totalità di questi animali.
Quello del benessere non è un tema estremamente delicato solo da un punto di vista meramente scientifico ma anche etico, morale e religioso.
Un ulteriore sfida è ottenere una definizione universalmente valida del benessere animale: basta rispettare le cinque libertà a garantire il benessere degli animali?
Le cinque libertà degli animali sono le seguenti:
- Libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione.
- Libertà di avere un ambiente fisico adeguato.
- Libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie.
- Libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali.
- Libertà dalla paura e dal disagio.
Come è facilmente intuibile, vi sono diversi parametri misurabili per verificare il rispetto di queste libertà, specialmente per quanto riguarda l’accrescimento e la nutrizione in allevamento, ma farlo con precisione e costanza risulta comunque una sfida importante.
Potremmo definire il benessere animale come il rispetto dello stato fisico e mentale di un animale in relazione alle condizioni in cui vive e muore.
Un animale sperimenta un buono stato di benessere se è sano, a suo agio, ben nutrito, al sicuro, non soffre di stati spiacevoli come dolore, paura e angoscia ed è in grado di esprimere comportamenti importanti per il suo stato fisico e mentale.
Questo stato richiede, quindi, la prevenzione delle malattie e un’adeguata assistenza veterinaria, riparo, gestione e nutrizione, un ambiente stimolante e sicuro, manipolazione consona e macellazione o uccisione esente il più possibile dal dolore.
I principi guida del benessere animale secondo l’OIE – World Organisation for Animal Health, affermano:
- Che esiste una relazione fondamentale tra salute e benessere degli animali.
- Che le “cinque libertà” riconosciute a livello internazionale forniscano una guida preziosa nel benessere degli animali.
- Che le “tre R” riconosciute a livello internazionale (reduction in numbers of animals, refinement of experimental methods e replacement of animals with non-animal techniques), cioè la riduzione al minimo indispensabile dell’utilizzo di animali da laboratorio, il rifinimento di metodi sperimentali e la sostituzione, quando possibile, degli animali da laboratorio con surrogati non animali, forniscano una guida preziosa per l’uso degli animali nella scienza.
- Che la valutazione scientifica del benessere degli animali comporti diversi elementi che devono essere considerati insieme e che la selezione e la ponderazione di questi elementi spesso implica ipotesi basate sui valori che dovrebbero essere rese il più trasparenti possibile.
- Che l’uso degli animali nell’agricoltura, nell’istruzione e nella ricerca, e per la compagnia, la ricreazione e il divertimento, dia un contributo importante al benessere delle persone.
- Che l’uso di animali comporta la responsabilità etica di garantire il benessere di tali animali nella misura più ampia possibile.
- Il miglioramento del benessere degli animali da allevamento può spesso migliorare la produttività e la sicurezza alimentare e quindi portare a vantaggi economici.
- Che risultati ottenuti dal confronto tra diversi sistemi di allevamento o manipolazione degli animali siano studiati su realtà effettivamente comparabili.
Alcune misure del benessere degli animali comportano la valutazione del grado di alterazione del funzionamento associato a lesioni, malattie e malnutrizione. Altre misure forniscono informazioni sui bisogni degli animali e sugli stati affettivi come la fame, il dolore e la paura, spesso misurando la forza delle preferenze, motivazioni e avversioni degli animali. Altri valutano i cambiamenti o gli effetti fisiologici, comportamentali e immunologici che gli animali mostrano in risposta a varie sfide.
Tantissimi fattori da tenere a mente contemporaneamente, quindi che di seguito vengono riassunti attraverso alcune anticipazioni delle lunghe interviste realizzate agli esperti nel dossier in questione.
Complessa e articolata risulta essere la definizione di nocicezione e percezione del dolore nei diversi organismi acquatici, argomento sul quale abbiamo sentito la Professoressa Giorgia Dalla Rocca, fondatrice e coordinatrice del Gruppo di Studio di Algologia (ALGOVET), chiedendole appunto come possiamo essere certi dell’esistenza della percezione del dolore nei pesci, molluschi e crostacei. C’è chi sostiene infatti che crostacei, molluschi e pesci non possano provare dolore o che non riescano ad elaborarlo, e questo approfondimento ci ha aiutati a meglio comprendere meccanismi fisiologici e caratteristiche anatomiche che determinano la capacità di provare dolore. Seconda dalla Rocca: “… si deve distinguere fra nocicezione, cioè la rilevazione, da parte di strutture nervose periferiche, di stimoli dannosi, che innesca una rapida risposta riflessa involontaria (come la mano che si ritrae tempestivamente dal fornello rovente), e il vero dolore, che comporta una elaborazione cosciente della sensazione ad opera di centri nervosi superiori, con coinvolgimento di emozioni, memoria e apprendimento. Per molti anni gli scienziati e l’opinione pubblica si sono interrogati sulla possibilità che gli animali, ai diversi livelli evolutivi, potessero provare dolore in modo analogo all’uomo, vale a dire con l’inclusione della componente cosciente ed emotiva. Ovviamente questa possibilità è strettamente connessa con l’attribuzione agli animali non umani della coscienza e della possibilità di provare emozioni. A lungo si è ritenuto che lo stato di coscienza fosse una prerogativa della sola specie umana, dotata di una neocorteccia, ovvero di una particolare porzione di cervello in grado di elaborare in maniera cosciente gli stimoli afferenti. Il 7 luglio 2012, un significativo gruppo internazionale di neuroscienziati cognitivi, neurofarmacologi, neurofisiologi, neuroanatomisti e neuroscienziati computazionali si è riunito all’Università di Cambridge per riesaminare il substrato neurobiologico dell’esperienza cosciente ed i relativi comportamenti negli animali umani e non-umani. Dai loro studi e dalle loro considerazioni è scaturita la “Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza degli animali”, che, dopo una serie di premesse, conclude che – L’assenza di una neocorteccia non sembra precludere ad un organismo l’esperienza di stati affettivi. Prove convergenti indicano che animali non-umani possiedono i substrati neuroanatomici, neurochimici e neurofisiologici degli stati consci assieme alla capacità di esibire comportamenti intenzionali. Conseguentemente, il peso delle prove indica che gli umani non sono unici nel possedere i substrati che generano la coscienza. Gli animali non-umani, inclusi tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, compresi i polpi, anch’essi possiedono tali substrati neurologici.- Fatta questa doverosa premessa, che in sintesi ci porta a concludere che, perché si possa parlare di dolore, l’animale deve essere cosciente/senziente, mi permetto di modificare leggermente la domanda, che potrebbe piuttosto recitare: –Pesci, crostacei e molluschi sono in grado di provare dolore, e non solo mera nocicezione?– .Pur essendo assodato che praticamente tutte le specie animali, inclusi gli invertebrati, posseggono i circuiti nervosi per attuare la nocicezione (vedi articolo completo), la risposta non può essere assertiva al 100%, poiché a tutt’oggi non è ancora stata scientificamente accertata la possibilità che le specie summenzionate possano effettivamente provare dolore. Tuttavia, sono oramai numerosi gli studi che hanno dimostrato che queste specie presentano dei percorsi neurali sufficientemente complessi da consentire loro di svolgere funzioni particolarmente articolate, che gli possono avvalere l’attribuzione di “esseri senzienti” in grado, come tali, di percepire il dolore nella sua accezione di esperienza sensoriale ed emotiva.”
Ma “…Un’eccessiva umanizzazione dei bisogni degli organismi acquatici, come pure di altri esseri viventi sia allevati che selvatici, rischia di essere controproducente. Un corretto approccio etico e morale e non solo utilitaristico al concetto di benessere animale risulta invece fondamentale…” dichiara nella sua intervista il Dr. Amedeo Manfrin, responsabile del Laboratorio Nazionale di Riferimento per le malattie dei crostacei presso l’Istituto Zooprofilattico Sper.le delle Venezie che sottolinea l’importanza di questo tema anche in acquacoltura e come garantire il benessere degli animali allevati si traduca anche nella lotta alle malattie degli stessi, nella prevenzione della loro insorgenza e nell’effettiva attuazione di quella che viene definita come One Health, cioè la cura delle interazioni tra uomo, ambiente e animali.
Anche dall’intervista completa al dott. Prioli membro dell’AAC – Aquaculture Advisory Council si evince il fatto che “Il benessere animale è un argomento molto discusso sui tavoli europei, soprattutto per quanto riguarda la pescicoltura, e non sempre è possibile trovare accordi con le associazioni che hanno più a cuore questo tema. La legislazione dell’unione europea è già avanzata in questo senso e occorre ricordare che, soprattutto in questo settore, il benessere degli animali in allevamento è anche interesse dell’allevatore, in quanto migliore è il suo stato migliore è il suo accrescimento la sua qualità. L’ambiente, il trasporto del vivo, le densità di allevamento, il tipo di mangime, l’uso di antibiotici, le modalità di macellazione, sono solo alcuni di quei fattori che fanno la differenza e che dovrebbero essere conosciuti. Credo che occorra maggiore comunicazione delle aziende in questo senso a dimostrazione del loro impegno, così che il consumatore sia correttamente informato e consapevole delle sue scelte. Non dobbiamo infatti dimenticare che una buona parte dei prodotti da acquacoltura consumati in Italia provengono da paesi extra UE, che non sempre hanno la stessa sensibilità verso questo tema…”.
Recentemente per l’acquacoltura il MASAF si è attivato con il riconoscimento di un disciplinare in merito al benessere sia dei pesci che dei molluschi allevati: Decreto di riconoscimento del Sistema di Qualità Nazionale “Acquacoltura sostenibile”. Sicuramente anche una sempre maggiore attenzione a questo aspetto potrà supportare i produttori italiani nella “sovranità alimentare” dei loro prodotti ittici.
E di ulteriore supporto a tale scopo sarà sempre più anche “ La zootecnia di precisione, cioè l’utilizzo di avanzate tecnologie, è già molto diffusa in diversi tipi ti allevamento, andando a costituire un aiuto talvolta essenziale nell’ottimizzazione e un aumento di efficienza delle produzioni, con anche un conseguente miglior utilizzo delle risorse naturali, con risvolti economici potenzialmente molto positivi” ci ha dichiarato nella sua intervista il Dr. Fabrizio Capoccioni, ricercatore del CREA che collabora a numerosi progetti di ricerca applicata che vedono una forte interazione con le aziende del settore al fine di agevolare l’innovazione e il trasferimento tecnologico nell’acquacoltura.
“Di rilevante importanza è, inoltre, la valutazione dei comportamenti degli animali allevati, che dovrebbero avere la possibilità di manifestare i loro tipici comportamenti”. Per questo motivo abbiamo intervistato il Dottor Davide Gorreri, Medico Veterinario autore della tesi “L’impiego dell’etologia nell’allevamento del pesce” sotto la guida del Prof. Pier Giovanni Bracchi dell’Università di Parma.
Vi invitiamo dunque a leggere per intero il dossier dal titolo “Essere o Benessere” sul numero 1/2022 del periodico Eurofishmarket sul benessere e anche a scriverci e contattarci per informarci su eventuali aggiornamenti, ricerche, soluzioni, modelli a livello internazionale che non abbiamo qui presentato.
Cesare Paolucci, Valentina Tepedino – Medici Veterinari, autori del dossier “Essere o Benessere” sul periodico Eurofishmarket
La bibliografia completa è disponibile presso l’editore.
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