Al momento abbiamo preso un “granchio”…ed in futuro, se continuiamo così, forse non prenderemo più granchi blu ma neppure vongole veraci, cozze, quant’altro.

Ma come è possibile? Vi chiederete. Lo stiamo mangiando tutti questo granchio blu. Piace a tutti…Tantissimi cuochi lo cucinano e propongono ricette, dagli chef stellati a quelli non, le maggiori insegne della distribuzione lo hanno inserito tra le loro referenze. Ci sono aziende che stanno già pubblicizzando polpa e paste ripiene…Il granchio blu è diventato un meme e si trova in numerosi programmi tv, in internet e sui giornali.

Di solito, normalmente, quando cresce la popolarità di qualcuno o qualcosa cresce anche il suo valore di mercato. E allora come mai invece ben oltre 3000 produttori (o meglio raccoglitori) del granchio blu in Italia si ritrovano oggi a fare i conti con la fame? Può mai essere sostenibile un business in cui chi è alla base di una determinata “filiera” è quello che deve svendere perché tanto chi acquista gli fa un favore a non fargli pagare anche lo smaltimento?

Ho ricevuto più di una telefonata da grossisti che mi hanno chiesto contatti diretti con i produttori per ritirare gratis o quasi gratis il prodotto… dei “benefattori” insomma. Per chi non è del settore premetto che i produttori di granchio blu in realtà non sono produttori di questo crostaceo ma allevatori di molluschi che si sono ritrovati, all’improvviso, a raccoglierne a quintali…anche oltre 100 quintali/giorno dal passato giugno per provare a difendere dal granchio blu i loro bivalvi.

Ho letto e sentito già più di una critica da parte di consumatori sul prezzo troppo alto di questo granchio blu che secondo loro dovrebbe costare pochissimo dato che ce n’è una invasione in Italia. Ora a Bologna va a circa 5-6 euro/Kg vivo al dettaglio. Prima dell’emergenza andava anche ad 11-12 euro/Kg al dettaglio in media ed era molto apprezzato dagli acquirenti asiatici. Così i banchi pescheria chiedono ai grossisti di pagarlo sempre meno. Così i grossisti chiedono al produttore di avere un prezzo dagli 0,50 centesimi/Kg all’1,5 euro/Kg in media altrimenti lo comprano dalla Tunisia da dove arriva ad 1,50 euro/Kg all’ingrosso sempre di taglia grande e con una filiera alle spalle già consolidata. Se a questo aggiungiamo che la maggioranza della produzione italiana di granchio blu non ha una taglia utile al mercato della distribuzione nel vivo, è chiaro che già molti dei nostri banchi e ristoranti sono pieni di granchio blu africano. E questa non è una ingiustizia, ma una semplice legge di mercato.

Così, dietro una vetrina dorata in cui sembra che l’emergenza granchio sia stata praticamente risolta, così non è ed è crisi nera nel settore della venericoltura.  Almeno posso confermarlo per uno dei due più grandi con oltre 1500 produttori riuniti in una Organizzazione di Produttori: il Consorzio del Polesine. Ormai a Porto Tolle, in provincia di Rovigo, la tensione è arrivata alle stelle poiché, la molluschicoltura è ormai compromessa in quanto il granchio blu ha già divorato milioni di euro di seme di vongole veraci che avrebbero assicurato il raccolto del 2024 per un fatturato di circa 60 milioni di euro. Si sta parlando di un Consorzio modello, innovativo, pieno di giovani e di donne tra gli operatori, che produce non solo quantità ma anche qualità avendo ottenuto negli ultimi anni le certificazioni biologiche per la vongola verace e per la cozza, la DOP per la cozza e tanti altre certificazioni e riconoscimenti per l’importante lavoro a livello regionale, nazionale ed europeo. Ricordo infatti che, anche grazie a questo Consorzio, l’Italia è la prima produttrice di vongole veraci in Europa. O meglio era.

Dunque il successo del granchio blu attualmente è un fuoco di paglia …mentre un fuoco vero è stato quello che ha divorato la “cavana” del Vicepresidente del Consorzio del Polesine, Paolo Mancin al quale va tutta la mia solidarietà. Una persona d’oro che non si è risparmiata fino dal primo giorno insieme al presidente del Consorzio e altri membri del direttivo, a dare l’esempio raccogliendo il granchio blu, premiando ossia pagando gli operatori che collaboravano alla raccolta, cercando ogni tipo di sinergia sia a livello politico che con le imprese che con il mondo della ricerca per trovare in fretta delle soluzioni. Nel frattempo che le soluzioni non sono arrivate qualcuno ha deciso che era probabilmente colpa sua e che andava punito. Così lui, prima che Vice Presidente produttore come tutti gli altri e vittima di questa crisi, è stato doppiamente vittima, colpevole senza colpa di non avere ancora avuto alcuna risposta dalla politica, dal mercato e di non essere stato compreso da alcuni dei suoi stessi associati.

Solo ad inizio giugno la stessa persona veniva premiata a livello nazionale e regionale con articoli stampa e tv per il grosso lavoro realizzato con la cozza di Scardovari DOP, il suo impegno sul territorio, la valorizzazione di un prodotto “povero” per cui l’Italia oggi è il secondo produttore a livello europeo.

Sono con Mancin e con tutti i produttori ittici che hanno una visione e, nonostante tutto e tutti, vedono un futuro nella produzione ittica nazionale. Dunque faccio un appello ai politici chiedendo di accelerare tutte le manovre a ristoro di questa emergenza e a sostenere progetti seri di “sfruttamento circolare” del granchio blu. Faccio anche un appello ai distributori e ai ristoratori che vogliono vantare un supporto alla produzione nazionale, di chiedere il prezzo riconosciuto al produttore o di acquistare da chi ha una filiera corta o rete di impresa trasparente in tal senso.  Lo chiedo solo a chi può …per il resto c’è il granchio blu tunisino e non solo.

 

Chi desidera avere maggiori informazioni ed entrare in un progetto di rete “etico” e così sostenere anche il Consorzio del Polesine può scrivermi ad info@eurofishmarket.it. Con Eurofishmarket ed alcuni partner davvero esclusivi e molto autorevoli sto promuovendo non solo modelli già esistenti ma anche una rete di imprese non solo per ridare forza al comparto della molluschicoltura colpita dall’emergenza granchio blu ma anche per realizzare una vera filiera circolare e sostenibile considerando che non può essere solo la polpa del granchio l’oggetto della filiera ma anche tutto il resto del suo oggi scarto di lavorazione che da rifiuto deve diventare risorsa.

A breve scriverò in merito a questo specifico progetto ed ai partner che lo compongono.

Valentina Tepedino, Medico Veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e dell’Associazione Donne Medico Veterinario