Conoscete il pesce di acqua dolce? Quante specie vi vengono in mente nei prossimi 5 secondi?

Se le specie che vi vengono in mente sono meno di due allora questo articolo potrebbe esservi utile per fornirvi alcuni suggerimenti per integrare la vostra spesa ittica sperimentando di più anche i  pesci di acqua dolce a partire da quelli tipici delle nostre acque.

vignetta pesce dolcePer pesce di acqua dolce si intente, per usi e consuetudini, quello pescato in fiumi, laghi, torrenti…insomma in acque interne e non dal mare.  Pur essendo numerose in Italia le acque interne e dunque la possibilità di reperire pesce di acqua dolce  non sono molti i consumatori a conoscere queste specie o a preferirne l’acquisto rispetto a quelle di mare. Questo vale anche per gli abitanti di aree geografiche rivierasche di fiumi e laghi   e anche per i pesci allevati in acqua dolce. Difatti, in linea generale, il prodotto ittico considerato d’eccellenza per il consumatore o il ristoratore è quello di mare. Viene dunque spesso dimenticato il pesce di acqua dolce, allevato o selvaggio che sia, tipico o meno delle nostre acque interne.

Negli ultimi anni infatti il pesce “dolce” ha perso la sua importanza come fonte alimentare per diventare per lo più un’ ambita preda per i pescatori sportivi. La pesca professionale invece è andata in costante declino probabilmente anche per il mancato rinnovamento generazionale di quello che era il vero e proprio mestiere di pescatore. Eppure i prodotti ittici di acqua dolce che possono essere pescati nelle acque interne italiane, sono oltre un centinaio e tra questi ci sono specie anche di pregio interessante. Il loro valore commerciale dipende non solo dalla qualità delle loro carni ma anche dalla loro disponibilità in un determinato periodo dell’anno ed in una determinata area geografica.

 

Pesce persico e Persico africano sono la stessa specie?

Un esempio di una specie ittica “dolce” particolarmente pregiata è il Pesce persico, i cui filetti spuntano al dettaglio prezzi anche superiori ai 30 euro/kg. Il suo valore è dovuto in parte alla delicatezza e al gusto davvero particolare delle sue carni ed in parte al fatto che la sua lavorazione è alquanto impegnativa. Chiaramente anche l’alta ristorazione locale utilizza questo prodotto nei piatti della tradizione lacustre soprattutto da maggio in avanti. Sui banchi del pesce, questa specie viene per lo più confusa dai consumatori italiani e non solo con il Persico africano. Per anni la suddetta specie, pescata prevalentemente nel Lago Vittoria (Africa) e poi lavorata in filetti nel suo Paese di produzione, è stata commercializzata  impropriamente e genericamente come “Persico”. Ora il Persico africano è una specie che viene commercializzata con la giusta denominazione ed origine quotidianamente sui mercati in tutta Italia sia fresca che congelata e i consumatori lo acquistano e lo conoscono più del Pesce persico. I filetti del Pesce persico sono di dimensioni ridotte (in media 20 cm), sottili e di colore bianco-rosato. Quelli del Persico africano sono di colore rosa carico, spessi e di dimensioni, in media, oltre i 40 cm dal sapore alquanto neutro e dal costo inferiore oltre alla metà del Pesce persico. La domanda nettamente superiore, da parte del mercato italiano, di Persico africano rispetto al Pesce persico è sicuramente esemplificativa a mio parere di quanto sia scarsa, in termini generali, la nostra cultura sulle specie ittiche di acqua dolce tipiche del nostro territorio. Sicuramente una buona fetta di consumatori non acquisterebbe comunque il Pesce persico per il suo costo elevato ma è anche vero che sono molti quelli che non sanno neppure se stanno acquistando l’una o l’altra specie (pur essendo la denominazione obbligatoria riportata in etichetta) o che non sanno dell’esistenza del Pesce persico neppure se vivono nelle città rivierasche di laghi dove questa specie si pesca.

Altre specie ittiche di acqua dolce …

Un’altra specie interessante ma semisconosciuta dalla maggioranza degli italiani è il Lavarello dalle carni molto delicate, bianche e digeribilissime.

Pochissimo conosciute ed effettivamente difficili da reperire sul mercato sono le nostre Trota lacustre,  Trota sarda,  Trota marmorata e Trota fario della stessa famiglia del più conosciuto ma non richiestissimo “Salmerino” e della sicuramente più diffusa e richiesta Trota iridea, meglio nota come “Trota salmonata” (per la particolare colorazione che nell’ultima fase di allevamento si fa assumere alle sue carni); specie non autoctona delle nostre acque interne ma allevata ormai  da tempo anche in Italia. Nonostante l’ interessante valore nutrizionale e sensoriale delle sue carni, alla loro alta digeribilità e a una produzione sempre più sostenibile, la trota iridea non è ancora apprezzata e conosciuta dagli italiani come ad esempio lo è il salmone, specie appartenente alla sua stessa famiglia (quella dei Salmonidi) e che anch’esso allevato in acque più fredde nei Paesi del nord Europa, Norvegia in primis.. Effettivamente i salmonidi in generali sono tra i pesci di acqua dolce più ricchi di acidi grassi polinsaturi e di minerali preziosi.

Sempre semisconosciuto ai più risulta l’Agone, specie d’acqua dolce appartenente alla stessa famiglia della Sardina e della Cheppia (che è anche il suo “alter ego” dell’acqua salata). Ha delle carni bianche molto gustose, anch’esse ricche di lische. Hanno gusto intenso e sono state rese celebri, in tutta Europa, per la tradizionale trasformazione in Missoltini (Agoni essiccati) che rappresentano una vera e propria eccellenza gastronomica che si può anche degustare in alcuni ristoranti tipici sul Lago di Lecco e non solo.

Altra specie più che sconosciuta, bisfrattata dagli italiani e molto amata invece da diversi cittadini extracomunitari che risiedono oggi in Italia è la Carpa. E’ sempre stata tra quelle specie considerate di ultima categoria pur essendo uno dei pesci più allevati al mondo. Quanti sanno però che se questa specie viene allevata in determinate zone e soprattutto con determinati accorgimenti le sue carni possono dare anche soddisfazione al palato? Il carpaccio di Carpa infatti è un piatto interessante se la Carpa deriva da allevamenti effettuati, ad esempio, in ex cave di ghiaia.

Stessa scarsa considerazione è anche riservata al Pesce gatto, di origini nordamericane ma introdotto in Italia già nel 1800 e allevato ormai con successo. Le sue carni,poco costose, bianco arancio e dal sapore alquanto neutro sarebbero sicuramente interessanti per quei consumatori che non amano sentire un gusto deciso di pesce

In questo breve elenco di pesci “dolci” non può mancare l’Alborella, un gustoso pesciolino di piccole dimensioni, da mangiare anche intero, fritto o marinato. Il tempo migliore per consumarlo è tra ottobre e giugno.

Luccio e Lucio…perca

Interessante e da prendere da esempio è  il successo di un pesce come il Luccio che ha carni davvero delicate e che in Francia è diventato l’ingrediente protagonista di piatti di primo piano per la loro gastronomia anche stellata come il “Brochet en quenelles, sauce nantua” dello chef Alain Ducasse.

Simile come nome, diverso come genere e specie ma altrettando buono e delicato è il poco noto Lucioperca o Sandra al quale lo chef Marco Sacco, da sempre grande conoscitore e promotore del pesce di acqua dolce anche attraverso il progetto “Gente di Lago” ha dedicato il piatto” Lucioperca in crosta di pane, Tartufo nero, burro al midollo, salsa di moscato e nocciole, erbetta, Riso Carnaroli e scampo fritto” ora in menu nel suo ristorante ” Il Piccolo Lago” a Verbania.

L’Anguilla…

L’Anguilla, ormai rara, meriterebbe un pò più di spazio almeno nella ristorazione. Sono sempre più diffuse le anguille di importazione non della nostra specie autoctona e dunque se si vuole preferire la nostrana è importante ricercare in etichetta il nome scientifico ( “Anguilla anguilla” e  l’origina “Italia”. La maggioranza anche dell’anguilla “italiana” è di allevamento che è una produzione un po’ particolare nel senso che consiste nell’ingrasso dei “piccoli” di questa specie. L’anguilla è un pesce molto pregiato e ha un ottimo valore nutrizionale soprattutto per quanto riguarda gli acidi grassi polinsaturi. Questo suo essere molto “grassa” anche se si tratta di grassi buoni ne ha penalizzato la domanda negli ultimi anni così come il fatto che non è semplice saperla gestire all’acquisto e cucinare bene.

Lo “Storione”

Questo elenco, dove ho per questo articolo indicato solo alcune delle principali specie ittiche di acqua dolce tipiche delle nostre acque e del nostro mercato, non poteva concludersi senza lo “Storione”. Lo metto tra virgolette, come ho fatto per altri pesci in questo elenco, perché ci sono diverse specie di storione allevato in commercio e negli ultimi anni si sta fortunatamente sviluppando anche il consumo delle loro carni. Fino a qualche anno fa infatti in Italia gli storioni erano esclusivamente finalizzati alla fornitura di caviale per il mercato italiano ed estero. Negli ultimi anni alcuni distributori hanno cominciato a proporre le carni di questi pesci sul mercato nazionale in modo più accattivante e oggi ve n’è un discreto consumo considerando che sono molto semplici da preparare, interessanti dal punto di vista nutrizionale e comode da preparare.

Per tutte le altre specie di acqua dolce il suggerimento è quello di richiedere al vostro pescivendolo cosa suggerisce in merito e di sperimentarle. In conclusione si può dire che in Italia il prodotto ittico di acqua dolce è poco pregiato perché è poco richiesto. Ed è poco richiesto perché è poco conosciuto. Essendo l’Italia un Paese ricco di torrenti, fiumi e laghi di ogni genere ed essendo il pesce dolce anche un prodotto in generale interessante sotto il profilo nutrizionale e sensoriale nonché economico perché, in linea di massima, competitivo rispetto a molte specie ittiche di mare, sarebbe interessante sperimentarne di più l’utilizzo in cucina.

E voi quali specie e con quale frequenza acquistate pesce di acqua dolce?

 

Valentina Tepedino

Medico veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e docente a contratto presso l’Università di Medicina Veterinaria di Bologna