Cosa c’entra l’Anisakis con il bigattino ? Assolutamente nulla. Per questo ho pensato che era il momento di scrivere un articolo interamente dedicato agli “strafalcioni” o falsi miti sentiti sull’Anisakis negli ultimi anni. Questo chiaramente non tanto per riderci su’, anche se di questi tempi di pandemia un sorriso fa solo bene allo spirito, ma soprattutto per provare a fare un po’ di chiarezza su un argomento di interesse generale visto il consumo comunque crescente dei prodotti ittici crudi.

L’Anisakis ha come specie bersaglio l’uomo…NO

L’Anisakis è un nematode (un “vermetto”) della Famiglia Anisakidae, che in un suo stadio larvale può provocare malattia nell’uomo (anisakiosi) che consuma pesci e cefalopodi marini infestati, crudi o poco cotti.

Il primo falso mito è pensare che l’uomo sia l’ospite definitivo dell’Anisakis quando invece è un ospite non idoneo, per cui le larve ingerite vanno incontro per lo più a devitalizzazione nel giro di pochi giorni o poche settimane. Purtroppo possono però anche penetrare attivamente nella mucosa gastrica o intestinale dell’uomo e determinare conseguenze più o meno gravi da semplici disturbi gastroenterici come dolori addominali, vomito, diarrea alla possibile perforazione intestinale o dello stomaco a reazioni di tipo allergico.

L’Anisakis è invisibile ad occhio nudo…NO

Queste larve, quando presenti, sono visibili anche ad occhio nudo in particolare intorno ad i visceri dei pesci nella loro cavità addominale. Misurano da 1 a 3 cm circa, vanno dal colore bianco al rosato (trattandosi di specie differenti), sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi.

Altro falso mito è che siano troppo piccoli o invisibili alla vista. Mi è capitato spesso nelle esercitazioni e lezioni a vari di livelli di sentirmi dire che è impossibile vedere le larve…il problema reale è che è sempre difficile vedere qualcosa che non conosciamo. Spesso, nelle operazioni di pulizia ed eviscerazione svolte rapidamente non ci facciamo caso. Ma una volta che si capisce come è fatto l’Anisakis e che lo si è visto almeno una volta, difficilmente può sfuggire alla vista anche quando si trovasse un solo esemplare per pesce. Certo se il pesce è stato eviscerato o se la larva è passata nel muscolo si farà più fatica ad identificarla soprattutto in certi tipi di carne. Dico questo perché ad es. nella coda di rospo, vista la “trasparenza” delle sue carni è facile vederla nella compagine delle stesse.

L’Anisakis non resiste al succo di limone, al sale, all’aceto…NO

Il pericolo principale è costituito dalla possibilità che dopo la pesca, anche a causa di una eviscerazione tardiva o nulla, i parassiti possano migrare nelle carni del pesce e dunque il consumatore rischia insieme alle carni di consumare anche il parassita. Ciò chiaramente se stiamo parlando di un prodotto consumato crudo o sotto sale o marinato, ecc. poiché la cottura eviterebbe tale rischio uccidendo il parassita. Infatti i casi di anisakiosi sono maggiormente presenti in quei Paesi dove va più di moda consumare il prodotto crudo o lavorato in vari modi ma non preventivamente congelato o cotto.

Forse il falso mito ancora oggi più diffuso è che il sale, l’olio, l’aceto o il limone o altri ingredienti simili siano utili a devitalizzare, uccidere le larve di Anisakis che invece resistono anche mesi nei prodotti sotto sale o affumicati a freddo, ecc.  Proprio per questo motivo è preferibile sconsigliare la produzione casalinga di conserve e semi conserve ittiche come quelle di acciughe sott’olio o sotto sale o di consumare preparazioni crude con l’esclusiva aggiunta degli ingredienti suddetti. Ormai è risaputo oltre che obbligatorio che questo tipo di preparazioni debbano essere preventivamente congelate. Ci sono delle eccezioni che riguardano alcune produzioni industriali/artigianali che hanno dimostrato, con prove di laboratorio, un processo produttivo utile a rendere il prodotto ittico sicuro da questo punto di vista anche senza il congelamento.

Per uccidere l’Anisakis bisogna abbattere il prodotto, non congelarlo…NO

Altro punto di confusione è, a mio parere, proprio il termine di congelamento. Dico questo perché in molte occasioni mi è stato chiesto se era meglio congelare o abbattere il prodotto ittico per renderlo più sicuro rispetto all’Anisakis. Innanzitutto va chiarito che l’abbattitore non è che un impianto di congelamento e che dunque entrambi portano appunto a congelare il prodotto ittico in modo più o meno rapido e garantendo una qualità più o meno integra sotto tutti i profili. Ma in ogni caso il risultato deve comunque essere quello di un prodotto ittico che viene congelato secondo quanto previsto dalla normativa vigente rispettando i rapporti tempo/temperatura (ad es. dai -20°C per 24 ore dei congelatori industriali ai – 18°C per non meno di 96 ore nei congelatori domestici che abbiano almeno 3 stelle).

L’Anisakis è un bigattino…NO

Un punto che vorrei chiarire in modo definitivo è sicuramente quello relativo al fatto che l’Anisakis non è “tipico” e ne’ causa o conseguenza di un pesce “vecchio” o che sta andando a male. In una nota trasmissione televisiva uno chef stellato, intervistato dal conduttore sul se avesse mai visto questo parassita nei suoi prodotti ittici, ha risposto che non gli era mai capitato dato che acquistava quotidianamente prodotto praticamente vivo direttamente dalle barche dei pescatori. L’errore dello chef è stato quello di confondere la larva di Anisakis con la larva della mosca carnaria detta bigattino, di colore biancastro, lunga qualche millimetro che durante il ciclo precedente alla metamorfosi si ciba di carne in putrefazione. Il bigattino è molto usato nella pesca sportiva grazie alla sua longeva vivacità, alla sua appetibilità e al suo bassissimo costo ma, a parte questo, non ha nulla a che fare con i prodotti ittici e tanto meno si può confondere o paragonare all’Anisakis. E’ proprio nel pesce vivo e vitale che si può trovare l’Anisakis più vivo e vitale che mai…poi dopo la morte del pesce prova a sopravvivere incistandosi nelle sue carni ma non muterà mai in altri stadi.

L’Anisakis è sinonimo di un prodotto pescato in acque “inquinate”…NO

Altro falso mito è che l’Anisakis sia sinonimo di un prodotto ittico pescato in aree inquinate. Per questo aspetto riporto una frase del Prof. Stefano D’ Amelio dell’Università di Roma “La Sapienza”, Associato di Parassitologia che ha sottolineato che “il ciclo biologico di Anisakis è un ciclo complesso, che necessita di catene trofiche ben stabilizzate e che viene favorito da valori alti di biodiversità. Paradossalmente le larve di Anisakis nei pesci dei nostri mari rappresentano quindi degli indicatori biologici che possono evidenziare un buon livello dello stato di salute degli ecosistemi marini”. Dunque l’Anisakis spesso è più presente in aree marine incontaminate e protette dove ci sono le condizioni suddette e sono più numerosi gli attori utili al suo ciclo biologico (invertebrati e pesci come ospiti intermedi o paratenici, e mammiferi marini, uccelli ittiofagi, rettili o pesci come ospiti definitivi).

L’Anisakis è tipico di poche specie ittiche marine …NO

Altro punto sul quale trovo spesso confusione generale è quello relativo alle specie ittiche che possono essere potenzialmente veicolo di questo parassita. Ci sono sicuramente specie ittiche dove è stato rilevato più di frequente e in quantità maggiore ma va detto che, in generale, tutte i pesci planctofagi e predatori nonché i cefalopodi marini possono essere potenzialmente a rischio; conta moltissimo in tal senso la loro zona di origine e il metodo di produzione ossia se pescati o allevati.

L’Anisakis è presente nelle specie allevate tanto quanto in quelle pescate…NO

Numerose ricerche stanno dimostrando che il prodotto allevato è più sicuro rispetto al rischio potenziale “Anisakis” soprattutto perché il suo ciclo produttivo, a partire dal mangime, è controllato e comunque è più semplice “interrompere” il ciclo biologico del parassita. Da apripista in tal senso sono stati i produttori di salmone norvegesi che, in collaborazione con gli enti di ricerca norvegesi, hanno realizzato i primi studi mirati in tal senso al fine di verificare la possibilità di non dovere congelare obbligatoriamente il loro salmone destinato ad essere consumato crudo o tal quale. Questo considerando l’importante utilizzo dello stesso come specie di riferimento per diverse preparazioni crude come sushi, sashimi, tartare, ecc. Infatti va detto, che per molti consumatori, il prodotto fresco e dunque non preventivamente congelato se da consumarsi crudo, viene percepito come di maggiore qualità e dunque di maggior pregio in generale.

Il salmone norvegese va congelato prima di essere consumato crudo…NO

“Gli studi scientifici effettuati hanno evidenziato la sicurezza del salmone allevato in Norvegia relativamente al parassita Anisakis. Da qui il parere positivo dell’ EFSA del 2010 e dunque dal Regolamento UE 1276 del 2011 che ha modificato l’allegato III del Regolamento (CE) n. 853/2004 dando appunto l’opportunità agli allevatori di salmone norvegese di usufruire della deroga  che gli consente oggi di non dovere congelare il prodotto destinato al mercato del «crudo»” ha sintetizzato la Dott. Valentina Galli, responsabile dello sportello giuridico di Eurofishmarket.

Eppure, nonostante la normativa sia molto chiara in merito alla validità di questa deroga, ancora oggi permangono, sia da parte di alcune autorità addette al controllo che da parte di alcuni distributori e trasformatori, dubbi sull’accettazione della stessa. Questo chiaramente crea disagi e criticità nella commercializzazione e valorizzazione di questo prodotto sul mercato. Per questo, a seguito di numerose segnalazioni di operatori pubblici e privati in merito alla corretta interpretazione dell’allegato III, sezione VIII, capitolo III, del Regolamento (CE) n. 853/2004, così come modificato dal Reg. (UE) 1276/2011, in merito alla validità dell’autocertificazione prodotta dagli allevatori norvegesi sulla sicurezza del loro salmone allevato rispetto al parassita Anisakis, sia la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva in rappresentanza di numerosi veterinari che Eurofishmarket Srl in rappresentanza di numerosi operatori del settore ittico  hanno chiesto un chiarimento al Ministero della Salute italiano. “Infatti, mentre negli altri Paesi UE alcuna obiezione è mai stata sollevata circa la possibilità di avvalersi della deroga di cui al punto d) per quanto riguarda il salmone norvegese di allevamento, in Italia sono accaduti casi di contestazione da parte dell’Autorità sanitaria “ in particolare precisa ancora la Dott.ssa Galli

Spero presto di potervi aggiornare in tal senso chiarendo che il quesito suddetto non è stato posto tanto per avere un parere positivo o negativo in merito, essendo la normativa davvero molto chiara in tal senso, ma quanto per avere un sostegno dal Ministero stesso al fine di informare ed aggiornare correttamente il mercato interessato.

Mi rendo conto di avere toccato solo alcuni dei tanti temi di interesse riguardo all’Anisakis ma in questo articolo ho preferito dare spazio a quelli che sono a mio parere i principali falsi miti o meglio gli errori ed orrori più comuni che frequentemente sento, leggo e sperimento da anni nella mia attività professionale quotidiana. Magari voi ne conoscete altri. Allora scrivetemi e scrivetemeli.