Si possono mangiare le ostriche crude? E gli altri molluschi bivalvi?

Le pagine dei media di tutto il mondo hanno rilanciato il caso che ha interessato un pluristellato chef coinvolto in un focolaio determinato da norovirus (NoV). La risonanza clamorosa che questo caso ha destato nell’opinione pubblica a livello internazionale necessita, a mio parere, di una importante riflessione. Non voglio entrare nel merito del caso specifico perchè non ne conosco né gli atti e né è l’obbiettivo del mio intervento.

Il mio interesse è quello invece di provare a riportare, anche con il prezioso contributo di altri colleghi competenti in materia ed una approfondita ricerca bibliografica, un pò di chiarezza sull’argomento considerando le numerose imprecisioni lette su molte testate e che sicuramente stanno contribuendo a confondere ancora di più un argomento già “confuso” o meglio pieno di criticità e che, questo voglio anticiparlo, di clamoroso ha solo il fatto di avere creato così tanto clamore.

Le motivazioni di questa ultima mia affermazione che, solo per chi non mi conosce, può farmi sembrare arrogante sono, spero, ben spiegate in questo lungo articolo che in realtà ha sintetizzato  quelli che a mio parere sono i punti focali relative all’argomento norovirus nei molluschi bivalvi.

 

E’ raro il norovirus?

Il caso dello chef puristellato è “apparso” su tutti i media come un evento eccezionale, quasi una rarità…eppure i norovirus (NoV) sono considerati i più importanti agenti di infezione gastrointestinale non batterica nei Paesi dell’Europa occidentale. Negli ultimi anni sono state segnalate diverse epidemie di gastroenteriti collegate al consumo di acqua contaminata da norovirus, con diverse centinaia di soggetti coinvolti, e probabilmente riconducibili ad un mal funzionamento dei sistemi di potabilizzazione. Come nel resto d’Europa, anche in Italia diversi casi di infezione da norovirus si sono registrati soprattutto nelle strutture ospedaliere e case di riposo. La fascia più colpita è quella degli anziani, ricoverati in ospedali o strutture assistenziali ( Fonte: EpiCentro).

E rari non sono stati e non sono neppure i procedimenti penali relativi a casi inerenti il norovirus. Semplicemente non sono diventati casi “mediatici”.

Così come non è raro trovare il norovirus per gli addetti ai lavori sia controllori che controllati, quando eseguono dei campionamenti.

 

Come fa uno chef a non accorgersi del norovirus nei molluschi?

Mi è stata davvero fatta questa domanda e dunque non la scrivo per mettere in discussione la vostra intelligenza ma per chiarire che il norovirus è un virus e non è possibile vederlo ad occhio nudo e neppure avere il minimo sospetto da qualche particolare indicatore macroscopico sul mollusco. Infatti l’identificazione di norovirus richiede l’applicazione di metodi biomolecolari poiché, non essendo coltivabili, questi virus non possono essere individuati attraverso i metodi tradizionalmente impiegati in ambito virologico (Fonte: IZS delle Venezie).

I norovirus si possono trovare nei molluschi bivalvi vivi e vitali e non sono associabili ad un prodotto ittico non fresco o alterato come ho letto su alcune testate.

 

Cosa sono, come si trasmettono i norovirus e quali sono I sintomi principali?

I norovirus – in estrema sintesi– sono virus RNA a singolo filamento appartenenti alla famiglia dei Caliciviridae, considerati patogeni emergenti sia nell’uomo che negli animali.

Sono classificati in 10 genogruppi (GI-GX) a loro volta suddivisi in 60 “P-types”. Nell’uomo fino ad oggi sono stati riscontrati i genotipi GI, GII, GIV: i primi due rappresentano quelli di rilievo in ambito sanitario. Si trasmettono principalmente per via oro-fecale, tramite l’ingestione di cibo o acqua contaminati, o tramite il contatto con particelle presenti nell’aria o superfici contaminate. Gli alimenti che sono più spesso implicati in casi di norovirosi sono molluschi bivalvi consumati crudi o poco cotti, oppure frutta e verdura mal lavate”  (Fonte: IZS delle Venezie).

Il principale sintomo, che si può manifestare dalle 12 alle 72 ore dal consumo, è una gastroenterite con diarrea, vomito, cefalea, crampi addominali, e , solo a volte, febbre. In genere la malattia si risolve in 48 ore.

 

Ci sono dei limiti di legge per il norovirus?

Lo chiedo al Dott. Giuseppe Arcangeli dell’IZS delle Venezie direttore del Centro Specialistico Ittico e del Centro di referenza nazionale per le malatte nei pesci, molluschi e crostacei.

L’iter europeo per fissare un limite di riferimento per le zone adibite ad ostricoltura è ancora in corso, poiché non sono stati risolti alcuni passaggi come ad esempio: come esprimere il  risultato di laboratorio come NoV totale o separatamente i genogruppi GI e GII ( quelli coinvolti nei casi umani); l’incertezza di misura ancora da stabilire; l’assenza di materiali di riferimento certificati per la quantificazione di NoV con esame PCR; il valore della dose realmente infettante riscontrata negli outbreaks ed infine l’elevato costo delle analisi di laboratorio

Dunque, dopo questa premessa, aggiungo un importante inciso del dott. Maurizio Ferri ,Official Veterinarian-Food safety specialist Italian Veterinary Service Veterinary Office- ASL Pescara-Italy : l’analisi del rischio è alla base di qualsiasi valutazione nell’ispezione degli alimenti da parte di un veterinario ispettore, poiché a seconda della destinazione d’uso degli alimenti (soprattutto se consumati crudi o cotti) vengono valutati con diverso livello di rischio, appunto, i parametri microbiologici. L’approccio ispettivo attraverso una corretta analisi del rischio ha sempre fatto da “filtro” tra gli esiti dei referti (salvo per i parametri che hanno un limite di legge) e la destinazione d’uso del prodotto

Ricordo che per il NoV oggi non ci sono limiti di legge. E se anche nei consideranda del Reg (CE) 2073/05 vengono previsti dei controlli ufficiali, qualora si abbiano a disposizione dei metodi di analisi accreditati, non essendoci dei limiti di legge, molte aziende non prevedono di effettuare volontariamente questa ricerca all’interno del proprio piano di autocontrollo.

 

Perché ad oggi non ci sono limiti di legge per il norovirus?

Non è possibile proporre alcun limite per i NoV a causa della mancanza di associazione tra la presenza del genoma del virale e il virus infettante presente negli alimenti ( Fonte EFSA). In poche parole: anche se si trova il norovirus in un prodotto non è automatica la correlazione della sua presenza con l’insorgere di un eventuale caso di malattia.

Chiedo al Dott. M. Ferri di sintetizzare le motivazioni che ad oggi non hanno reso possibile la definizione di un limite per i norovirus: “ Nel 2020, la Commissione aveva proposto un regolamento delegato di modifica dell’Allegato III del Regolamento 853/2004 (ora abrogato del Regolamento UE 625/2017) con l’obiettivo di stabilire misure di controllo specifiche sulle ostriche crude tra le quali un criterio microbiologico per NoV e altri virus nei molluschi, con una soglia proposta di 500 copie per grammo di carne totale del campione.  Le criticità sono evidenti: – il limite 500 copie per grammo non consentiva di distinguere i NoV infettivi da quelli non infettivi, il che è rilevante per la valutazione del rischio per la salute umana.

La bozza non teneva conto di prove scientifiche disponibili, come ad esempio lo studio EFSA del 2019 sulla prevalenza del NoV nelle ostriche europee.  Difatti, l’Authority aveva stabilito la insussistenza delle evidenze per proporre alcuna soglia a causa della mancanza di un legame tra la presenza del genoma dei NoV e di quello del NoV infettivo negli alimenti ed era quindi necessaria solo un’analisi sui rischi per la salute del consumatore.  Dal rapporto ESFA, pag. 63: “Questo studio ha considerato l’implementazione di una soglia solo da un punto di vista analitico.  Nessuna analisi dei rischi per la salute umana è stata effettuata e integrata nello studio”. A causa della mancanza ad oggi di un’analisi del rischio NoV per la salute umana, la soglia proposta dalla Commissione avrebbe portato al ritiro ingiustificato di lotti di MEL dal mercato  e messo a rischio il commercio e la sostenibilità.

L’ACC (Aquaculture Advisory Council) aveva risposto alla Commissione  e sottolineato la necessità di basare la valutazione del rischio virale su solide basi scientifiche, ed in particolare su:

  • rilevamento di particelle infette e non infettive utilizzando l’attuale standard ISO 15216
  • dimostrazione della associazione tra prevalenza e quantità di particelle virali infettive nei prodotti alimentari e prevalenza della gastroenterite tra i consumatori”- conclude il Dott. Ferri.

 

Non basta acquistare molluschi bivalvi depurati? 

Purtroppo gli attuali sistemi di depurazionie delle acque non sono sufficienti ossia non sono efficaci nella rimozione/inattivazione del norovirus. Ricordo che i molluschi bivalvi sono particolarmente associati a rischi microbiologici perché sono animali filtratori che bioconcentrano gli agenti patogeni umani trasportati dal mare e possono essere consumati crudi o leggermente cotti.

Segnalo quanto ho letto su “Mispeces.com” in un articolo del 2019 dal titolo “ Intecmar è accreditata per la quantificazione del norovirus in real-time PCR per ostriche e cozze” in cui si riporta che “l’Ente Nazionale di Accreditamento (ENAC) ha concesso all’Istituto Tecnologico per il Controllo dell’Ambiente Marino (Intecmar) il primo accreditamento in Galizia per la quantificazione del norovirus genogruppo I e II nelle ostriche e nei mitili utilizzando la tecnica di laboratorio della PCR in tempo reale. Intecmar, così come indicato dal Ministero del Mare, migliorerà il controllo microbiologico delle ostriche e dei mitili e diventerà il primo laboratorio accreditato della Galizia

Riguardo l’Italia chiedo al Dott. Arcangeli se anche il nostro Paese ha laboratori accreditati: “L’IZSVe ha accreditato la prova biomolecolare qualitativa mentre quella quantitativa lo sarà quando  l’UE si esprimerà fissando limiti di riferimento ufficiali, che dovrebbero riguardare le zone dove si allevano ostriche”.

Chiedo invece al Dott. Ferri, come sta affrontando la Francia il norovirus nei molluschi bivalvi considerando anche l’importante importazione che il nostro Paese ha, in particolare, di ostriche.

“Le misure governative per affrontare il problema del rilevamento di NoV in diverse zone acquatiche di allevamenti, acuitosi nei primi mesi del 2024 nei dipartimenti di Manica, Calvados, Gironda e Morbihan, consistono nella chiusura delle zone di produzione e divieto di vendita delle MEL e soprattutto di ostriche. Gli allevatori di ostriche nel nord-ovest della Francia che si rifiuteranno di pagare per chi inquina e sostengono che il norovirus provenga dallo scarico delle acque reflue in mare e di essere in mare. I produttori accusano le autorità locali di non aver correttamente monitorato la gestione degli impianti trattamento delle acque reflue, confluite nei acque marine a seguito di alluvioni e inondazioni verificatisi nei primi mesi dell’anno”. 

 

Basta cuocere? …A che temperatura bisogna arrivare per prevenire eventuali rischi da norovirus nei molluschi bivalvi?

Su questo punto ho riscontrato forse la confusione maggiore in assoluto oltre che una ipocrisia di fondo. Ho letto che basta “scottare il prodotto” o farlo stare pochi minuti a 60°C …ma quale prodotto? In quale modalità? Mi spiego meglio. Prima di dare dei consigli sulla cottura bisogna fare due cose importanti. Ricercare questa informazione nella bibliografia più autorevole e capire di che prodotto sto parlando (ostriche, vongole, cuori, ecc.) e se con guscio, senza guscio, ecc., di quale tipo di cottura, ecc.

A tale proposito ho richiesto supporto al Dott. Arcangeli dell’IZS delle Venezie: “Per i bivalvi sulla cui etichetta è indicato di consumarli previ cotura si condivide l’opportunità che il produttore specifichi in etichetta questa modalità.  In tal senso l’ Istituto Zooprofilattico delle Venezie ha svolto alcune prove sperimentali, dimostrando che una volta aperte le valve durante la cottura, proseguire per altri 5 minuti assicura la devitalizzazione di NoV in vongole veraci sperimentalmente infettate” (Toffan A., Brutti A., De Pasquale A., Cappellozza E., Pascoli F., Cigarini M., Di Rocco M., Terregino C. and Arcangeli G., 2014, The effectiveness of domestic cook on inactivation of murine norovirus in experimentally infected Manila clams (Ruditapes philippinarum), J Appl Microbiol,116(1),191-198)”.

Sul trattamento termico abbiamo anche una opinione scientifica dell’EFSA, aggiunge il Dott.  M. Ferri: “L’EFSA, su richiesta della Commissione Europea, ha valutato con l’opinione scientifica del 2005, alla luce delle norme comunitarie e internazionali, le condizioni tempo-temperatura da  applicare ai molluschi eduli lamellibranchi (MEL) vivi provenienti dalle zone di produzione B e C e non avviati alla purificazione o stabulazione per eliminare i microrganismi patogeni, in primis virus come HAV e NoV ed ha chiarito che il trattamento termico rilevante è il raggiungimento di almeno 90°C per almeno 90 secondi nella polpa del mollusco. In questo senso l’EFSA aveva più volte suggerito ai produttori di MEL di indicare in etichetta che il prodotto “deve essere consumato previa cottura”, senza peraltro indicare tempi e temperatura di cottura”.

Dunque anche ricercando altre fonti bibliografiche autorevoli non risultano indicazioni ad hoc per ogni specie di mollusco e per i differenti tipi di cottura e per le diverse presentazioni degi stessi ( con o senza guscio ad esempio). Quello che certo è che non è sufficiente una cottura blanda per pochi secondi o minuti.

Prudenzialmente chi opera nel settore della somministrazione, se decide di cuocere i molluschi, dovrebbe indicarlo nel proprio piano di autocontrollo e seguire almeno una delle indicazioni ricercate nella bibliografia scientifica in attesa di una indicazione di legge.

 

Dunque è possibile o meglio è legale somministrare una ostrica o una vongola cruda?

Certo che è possibile perché la normativa non lo vieta ma chiede agli operatori coinvolti nelle attività di ristorazione come in quelle di distribuzione di effettuare una corretta analisi dei rischi, di avere un piano di autocontrollo e di essere consapevoli dei rischi connessi agli alimenti da loro gestiti al fine di effettuare la più corretta prevenzione. La contaminazione virale si può, generamente, prevenire attraverso l’ applicazione adeguata di principi di igiene a tutte le fasi della produzione.

Se un cuoco o un consumatore acquista una confezione di ostriche che riporta sull’etichetta della confezione “da consumarsi previa cottura” devono rispettare questa indicazione. Se questa indicazione manca devono attuare tutte le misure utili a tutela della salute. Il cuoco appunto ha diversi strumenti da considerare a questo scopo come l’analisi del rischio di cui ho accennato sopra.

Il consumatore non ha molti strumenti salvo la fiducia verso il luogo di acquisto o di consumo e una maggiore consapevolezza del rischio derivante dal consumo di molluschi bivalvi crudi.

 

Meglio consumare solo i molluschi “previa cottura”?

L’indicazione “da consumarsi previa cottura” in etichetta può apparire come senza senso per chi la legge poiché, in effetti per chi consuma questi prodotti crudi, è un espediente poco credibile. Molti consumatori o ristoratori non ci fanno neppure caso soprattutto se riguarda quella delle confezioni di ostriche che vengono normalmente consumate crude.

Su questo punto riporto anche le considerazioni del Dott. Arcangeli dell’IZS delle Venezie  : “Non tutti molluschi bivalvi sono da considerarsi esposti a questo rischio, e credo che si debba partire da una consapevolezza, e cioè che il consumatore italiano, quando è abituato a consumare un alimento in base a consuetudini popolari, difficilmente cambia comportamento seguendo le indicazioni in etichetta.  E’ il motivo per il quale ad oggi, scrivere ad esempio su una confezione di ostriche “da consumarsi previa cottura”, se efficace per bivalvi come cozze o vongole che solitamente vengono cotti, non lo è per le ostriche, che appunto sono per tradizione consumate crude.  In questo trova riscontro quanto ripotato nella nota MINSAL del 2015 dove c’è l’invito all’eventuale adozione di criteri microbiologici ai soli prodotti che non riportino la dicitura “da consumarsi previa cottura”…appunto le ostriche. Lo stesso vale per le linee guida del Reg. CE 882/04  dove il trattamento di cottura, come sistema di bonifica, non può essere applicato tout court a tutti gli alimenti. Consumare molluschi cotti rimane pertanto una buona pratica, poiché pone al riparo da rischi dovuti anche a patogeni non di origine antropica, come Vibrio parahaemolyticus, Vibrio vulnificus ed altri vibrio alofili, nelle loro forme enteropatogene, batteri che sono normali parte della microflora indigena del mollusco bivalve, presenti soprattutto in periodo tardo primaverile-estivo. In questo senso una buona educazione del consumatore sarebbe auspicabile, soprattutto per le categorie più a rischio come persone diabetiche, con malattie epatiche e persone immuno-compromesse.”

 

Attualmente quale potrebbe essere il comportamento a tutela degli operatori della filiera e dei consumatori che desiderano distribuire/somministrare e consumare molluschi crudi?

Come ha suggerito il Dott. Arcangeli dell’IZS delle Venezie sicuramente sarebbe utile una campagna informativa ed una maggiore formazione in materia. A tale proposito ha segnalato già diverse iniziative dello stesso IZS sull’Epatite A o della FDA.  Difatti non essendo possibile, almeno attualmente, che il rischio per quanto riguarda il norovirus sia “zero” a seguito del consumo di molluschi crudi, la prevenzione più efficace è sicuramente quella di rendere consapevoli anche i consumatori in merito a questo potenziale problema al fine di dissuadere almeno le fasce a maggiore rischio dal consumo di molluschi crudi. Questo  è quanto penso io.

Dall’altra parte anche il cartello che ha reso obbligatorio ormai anni fa il Ministero della Salute con le indicazioni al banco pescheria di congelare pesce e cefalopodi se consumati crudi è diventato “normale” e la campagna, appunto, sulla prevenzione del rischio anisakis ha reso tutti noi più consapevoli e responsabili ed oggi è praticamente quasi risaputo da tutti che il congelamento è un trattamento di bonifica non solo obbligatorio ma anche necessario a tutela della nostra salute per quanto suddetto.

Per il norovirus  il congelamento non è efficace  e dunque , finchè non esisteranno riferimenti più precisi per le modalità di cottura ad hoc per il norovirus, l’obbiettivo, ripeto, dovrebbe essere una informativa che scoraggia l’acquisto o il consumo di molluschi crudi per le fasce a rischio e per chiunque voglia evitarsi un potenziale problema gastroenterico.

 

Come si sta muovendo l’autorità di controllo o, meglio, come può muoversi?

 Non essendo al momento previsto un limite virologico legale per NoV, l’eventuale esito positivo alla suddetta indagine non dovrebbe poter avere conseguenze legali? Come dovrebbe comportarsi l’Organo di Controllo Ufficiale a tale riguardo e l’OSA? Rivolgo queste domande al Dott. Ferri, anche in qualità di coordinatore scientifico SIVeMeP, di fornire alcune puntualizzazioni:

Non esiste un limite virologico standard affidabile sui MEL da utilizzare per le valutazioni epidemiologiche, in quanto la quantificazione di NoV gc g−1 del tessuto digestivo dei molluschi non è correlata alle particelle virali intatte e infettive. Inoltre non esiste una chiara relazione tra E. coli e NoV, ciò significa che il valore di E. coli potrebbe essere basso ma il livello di NoV  basso o molto alto. Pertanto non deve essere intrapresa alcuna conseguenza legale per il detentore che non può essere ritenuto responsabile per la contaminazione dei MEL che verosimilmente deriva dalla contaminazione virale delle acque di provenienza. E’ probabile che il carico di NoV aumenti in risposta ai cambiamenti climatici e alla crescita della popolazione poiché l’aumento delle precipitazioni/deflussi aumenta la presenza di agenti patogeni e la loro sopravvivenza nell’ambiente.

E’ anche difficile valutare la possibilità di trasmissione persona-persona e contaminazione degli alimenti dopo la raccolta.  Bisogna ricordare che la capacità degli impianti di trattamento delle acque reflue ricade sotto la responsabilità delle autorità locali. La quantità di contaminazione fecale scaricata in un’area costiera e se viene trattata o meno possono essere considerazioni importanti nella valutazione del potenziale rischio per la salute umana e l’organo di controllo ufficiale deve comunque impegnarsi per la valutazione del rischio dei siti di produzione e delle pratiche volte a ridurre al minimo l’impatto delle fonti di inquinamento. I produttori e/detentori  sono da considerare le vittime del problema della contaminazione virale dei MEL. Sebbene la qualità delle acque costiere (e la classificazione delle acque) siano fuori dal controllo dei raccoglitori o dei produttori, questi possono comunque aiutare a controllare il rischio che i NoV entri nella catena di approvvigionamento alimentare, registrandosi per gli avvisi di inquinamento e se disponibili adottare misure di gestione attiva come annullare o ritardare la raccolta o spostarsi in un’altra area di raccolta.

Le autorità locali, con il supporto dell’organo di controllo ufficiale,  devono promuovere campagne informative di educazione sanitaria sul rischio Norovirus nei MEL e soprattutto per il consumo di ostriche crude da gestire con la cottura in particolare se destinato a persone anziane, immunodepresse”- conclude il Dott. Ferri.

 

Riassumendo

Alla luce dell’attuale mancanza di un limite di legge per i NoV e di quanto affermato dall’EFSA che “non è possibile proporre alcun limite per i NoV a causa della mancanza di associazione tra la presenza del genoma del virale e il virus infettante presente negli alimenti” e anche a fronte delle  criticità sopra esposte sarebbe opportuno che il Ministero della Salute italiano intervenisse su questo tema, chiarendo da una parte la fattibilità pratica di un limite di legge per il NoV nel MEL, dall’altra  come interpretare correttamente i referti ad esso riferiti.

La dicitura in etichetta “da consumarsi previa cottura” oltre che, attualmente, non tutelare nè i consumatori e nè i produttori, non trova alcuna reale applicazione nella pratica considerando che le ostriche, in particolare vengono consumate prevalentemente crude.

Dunque è davvero auspicabile che venga presto fornita da parte degli Organi competenti una soluzione differente per affrontare la questione “norovirus” nelle ostriche, e non solo, e che si provveda anche ad una campagna informativa del consumatore e del ristoratore in merito, al fine di renderlo maggiormente consapevole di questo potenziale rischio quando consuma in particolare molluschi bivalvi crudi o poco cotti.

Dopo avere letto questo articolo, consumereste ancora molluschi bivalvi crudi? Vi sentireste in grado di giudicare chi li commercializza e li somministra o pensate che sia corretto cambiare l’approccio al loro consumo anche da parte di chi li acquista?

 

Valentina Tepedino, Medico Veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e dell’Associazione Donne Medico Veterinario