E’ del 13 agosto 2020 la notizia pubblicata sulla CNN relativamente ad “Ali di pollo congelate esportate da Brasile in Cina e positive al CoVid-19. Questa news arriva il giorno dopo la segnalazione, da parte dell’emittente statale cinese CCTV, del ritrovamento del medesimo virus su confezioni di gamberetti importati dall’Ecuador in un ristorante nella provincia orientale cinese. Mi ero già occupata della sicurezza degli alimenti riguardo al Covid-19 ma credo che a questo punto sia importante fornire un aggiornamento. Per quanto riguarda le rassicurazioni sanitarie in merito al consumo di prodotti alimentari crudi e cotti vi invito a leggere “DAL PESCE CRUDO AI CONTENITORI PER IL FOOD DELIVERY: “CORONAVIRUS FREE?” dove sono riportate tutte le fonti più autorevoli che al momento si sono espresse per tranquillizzare i cittadini in merito alla mancanza attuale di prove e scarsa probabilità del Covid -19 di trasmettersi all’uomo attraverso il consumo di cibo crudo o cotto che sia. L’’importante è per il consumatore il rispetto delle buone norme igieniche prima di consumare i prodotti alimentari. Ma dunque possiamo davvero stare tranquilli quando leggiamo queste notizie? Funzionano i controlli su questa filiera? E’ meglio preferire prodotti europei ?

Per rispondere a queste domande ho chiesto la collaborazione al Dott. Maurizio Ferri, Medico Veterinario e Coordinatore Scientifico della Società di Medicina Veterinaria Preventiva poiché ha appena pubblicato l’articolo “Gestione della crisi Covid-19 in un’ottica One Health: possiamo fare di meglio?” e perché da molti anni si occupa di approfondire, migliorare e promuovere l’analisi del rischio e l’approccio One Health.

Il settore della produzione degli alimenti e della loro commercializzazione non si è mai fermata durante la pandemia e questo grazie all’impegno delle imprese del settore e alla loro stretta collaborazione con il settore veterinario.  Conferma infatti Ferri che “L’emergenza Covid-19 ha generato effetti distorsivi non previsti sulla catena di approvvigionamento alimentare a partire dalla produzione primaria. Il settore veterinario ha svolto un ruolo importante durante la crisi garantendo la funzionalità del sistema dei controlli e la tutela della salute pubblica. Attraverso la revisione dei piani di emergenza sono state gestite alcune criticità quali il sovraffollamento di animali negli allevamenti, con conseguenti problemi di benessere, a causa della sospensione delle attività di macellazione, ed il rischio di contagio interumano negli impianti. Il sistema ha retto con il mantenimento della frequenza adeguata dei controlli per la sanità e benessere animale e sicurezza degli alimenti ed il rispetto delle misure di distanziamento sociale negli impianti di lavorazione, consentendo un rapido ripristino della vita quotidiana e dell’economia. Purtroppo le misure di contenimento, adottate in alcuni paesi europei ed extraeuropei, non hanno impedito la creazione di catene di contagio Covid-19 nei macelli ed impianti di lavorazione delle carni. Escludendo gli animali da reddito come carrier del virus, almeno in questa fase della filiera, i contagi sono stati favoriti da alcune condizioni quali: le grandi dimensioni degli impianti, con molti lavoratori costretti a lavorare a stretto contatto e senza i dispositivi di protezione individuali, la mancanza di tutela sindacale e sociale con contratti di subappalto ed alloggi in residenze collettive sovraffollate ed in ultimo il sistema di condizionamento”

Covid-19, sicurezza degli alimenti e promozione del Made in Italy…

Ci tengo a questo punto a sottolineare che tutti gli alimenti di origine animale che devono essere posti in commercio in Italia sia di origine nazionale che di importazione sono controllati e devono essere sicuri. Dunque, pur tifando e preferendo, quando possibile e se meritevoli, i prodotti di origine italiana sento comunque l’obbligo di tranquillizzare i consumatori anche su tutti i prodotti di importazione e non ritengo corretto promuovere il prodotto alimentare “Made in Italy” come un prodotto più sicuro. Anzi lo ritengo una pubblicità ingannevole al consumatore considerando che, ripeto, tutti gli alimenti che giungono sulle nostre tavole devono essere prodotti e verificati seguendo le stesse regole previste da Regolamenti europei e verificate anche da Organi di Controllo Ufficiali. Dunque gli slogan pro “Made in Italy” devono a mio parere trovare altre motivazioni che vanno oltre quelli che sono i “pre-requisiti” di legge ossia la salubrità e la sicurezza del prodotto…e fortunatamente molti dei nostri prodotti hanno un valore aggiunto da raccontare per storia, sostenibilità, sistema produttivo, valore sensoriale, ecc… Dunque non occorre usare o strumentalizzare il Covid -19 per promuovere il “Made in Italy” creando allarmismi che non fanno bene neppure ai nostri prodotti e al nostro mercato dalla distribuzione alla ristorazione dove comunque si alimenta il panico relativamente al rischio di potenziale trasmissione.

Anche per quanto riguarda i prodotti surgelati/congelati non sono dimostrati attualmente rischi di trasmissione.

In sintesi qual è il significato di One Health?

La salute delle persone è intrinsecamente legata a quella degli animali e dell’ambiente. L’interrelazione tra animali, ecosistemi e salute umana è la chiave per comprendere l’epidemiologia delle infezioni umane, il 60% delle quali sono trasmesse da animali (zoonosi), mentre il 72% di quelle emergenti originano dalla fauna selvatica. Sebbene la maggior parte dei patogeni zoonotici non siano in grado di sostenere la trasmissione interumana perché privi dei geni necessari per l’adattamento all’ospite umano, alcuni posseggono queste caratteristiche e dunque è imperativo prevenire o contenere il salto all’uomo e il rischio di epidemie o pandemie, che, come dimostrato dalla pandemia Covid-19, producono effetti devastanti e a lungo termine sulla salute umana e sull’economia globale”.

Ma quella del Covid -19 non è stata la prima e non sarà l’ultima infezione zoonotica . Il Covid -19, come SARS e MERS ?

Il Covid-19, un’infezione zoonotica analoga a SARS e MERS, è il risultato del probabile salto di specie del nuovo coronavirus SARS Cov-2 dal pipistrello che funge da reservoir ad un ospite intermedio e da questi all’uomo (spill-over), in cui l’acquisizione di caratteristiche genetiche ed una maggiore efficienza di adattamento virale al nuovo ospite hanno creato le condizioni per la rapida trasmissione interumana e la diffusione pandemica. Queste dinamiche di trasmissione inter-specie rendono necessari opportuni e sempre aggiornati programmi di sorveglianza integrata …

Perché è strategica la collaborazione con la medicina veterinaria?

La professione veterinaria si presenta ontologicamente con un forte accento One Health. Le esperienze fatte dai veterinari sul campo per la prevenzione e controllo delle infezioni zoonotiche (es. Salmonella e Campylobacter) e per la gestione delle passate epidemie animali (es. influenza aviaria, blue tongue, pesti suine, afta) e dei programmi di sorveglianza di virus emergenti o ri-emergenti della fauna selvatica, costituiscono un prezioso know-how funzionale alla gestione della pandemia Covid-19 e di quelle future. In un’ottica One Health queste attività necessitano di una più forte integrazione interdisciplinare (medicina veterinaria ed umana), che purtroppo fa fatica a strutturarsi centralmente all’interno del sistema sanitario pubblico”.

Se volessimo fare degli esempi a chi ci legge relativamente all’importanza di queste collaborazioni e al successo di quelle già realizzate?

In Italia la sorveglianza One-Health viene felicemente declinata con il piano nazionale di preparazione e risposta all’infezione West Nile, che colpisce i cavalli, si trasmette all’uomo ed è endemica in alcune regioni italiane, principalmente nelle province del nord situate nel bacino del Po. Complessivamente in Italia dal 2018 sono stati notificati oltre 247 casi umani autoctoni di malattia neuro-invasiva da West Nile. L’applicazione del piano ha consentito ai veterinari di rilevare la circolazione virale nei vettori (zanzara del genere Culex) nove giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del primo caso umano confermato. Ciò ha consentito di attivare risposte tempestive …”

Questa ed altre esperienze insegnano che, per poter intercettare ed interpretare i segnali di allarme all’interno dei sistemi di sorveglianza ed attuare misure preventive, è imperativo lavorare in modo collaborativo oltre i confini e le discipline esistenti all’interno dei sistemi di sanità pubblica. Per questo è importante ragionare in una ottica di “One health”?

L’approccio One Health per la gestione della pandemia Covid-19 e di quelle future richiede lo sviluppo di sinergie tra la medicina veterinaria e quella umana ma anche il coinvolgimento di figure professionali non necessariamente afferenti al settore medico-veterinario, come sociologi, ingegneri, esperti ambientali, economisti, esperti di fauna selvatica…L’importanza del ruolo dei veterinari in sanità pubblica deriva da attività su cui convergono l’interesse degli animali, dell’ambiente e delle persone. Negli allevamenti i veterinari attuano programmi di prevenzione e riduzione delle infezioni e, nel caso siano necessari trattamenti, si attengono ad un uso responsabile e prudente di farmaci per evitare la resistenza antimicrobica. In quest’ottica la corretta prescrizione e/o somministrazione di medicinali, in particolare di antibiotici mirano oltre che a curare gli animali malati, riducendone la sofferenza e le perdite economiche, a preservare la loro efficacia e contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza. Ciò avviene anche limitando (ottimizzando) l’impiego di alcuni antimicrobici ritenuti critici (CIA) per la medicina umana come le cefalosporine, coerentemente con l’approccio One Health”.

L’approccio One Health riguarda anche l’utilizzo degli antibiotici in allevamento e dunque il contrasto all’antibiotico- resistenza. Vero?

Come emerge dall’ultimo rapporto ESVAC dell’ottobre 2019, nell’ultimo decennio sono stati fatti significativi passi avanti nella lotta all’antibiotico-resistenza con la vendita di antibiotici per uso veterinario in Europa diminuita di oltre il 32% tra il 2011 e il 2017 e con una tendenza al ribasso. Il benessere degli animali , collegato alla loro salute e alla sicurezza alimentare, è argomento di forte interesse per i consumatori, nonché elemento chiave per la riduzione dell’uso di antimicrobici e per la sostenibilità della catena di approvvigionamento alimentare. Solo animali sani e i loro prodotti possono entrare nella catena alimentare e sotto questo aspetto i veterinari sono responsabili della fornitura di beni pubblici. Negli allevamenti è essenziale raccogliere in una fase precoce i segnali (sia biologici che comportamentali) che gli animali producono quando sottoposti a noxae infettive o fattori di stress ambientale, per limitare o evitare la comparsa di infezioni e l’uso di antimicrobici. I veterinari sanno che per garantire un livello minimo di protezione, occorre che i sistemi di allevamento si adattino alle esigenze degli animali e non il contrario, ed in questa direzione si colloca anche l’attuale processo di revisione della normativa Comunitaria in materia di benessere degli animali durante il trasporto e al macello”.

Dunque la pandemia Covid-19 segnala la necessità di una collaborazione tra settori e discipline per lo sviluppo di piani di emergenza adeguati?

Per la gestione dell’emergenze epidemiche e pandemiche, occorre promuovere relazioni intersettoriali e interdisciplinari sia a livello nazionale, con lo sviluppo di piani di emergenza integrati ed adeguati e la creazione di una task force centrale, sia internazionale, poiché i virus non conoscono confini ela mancanza di risposte adeguate in un paese rende vani gli interventi di controllo e prevenzione adottati a livello globaleSu questa linea il One Health Center of Excellence, presso l’Università della Florida, ha lanciato l’iniziativa One Health ‘circolare’ basata su una visione ampia del sistema sanitario, in cui le informazioni e i dati generati durante l’epidemia di Covid-19 sono condivisi e analizzati centralmente al fine di orientare le azioni politiche evidence-based. Con questo nuovo approccio vengono utilizzati i dati provenienti dai contesti clinici, ma anche dall’esterno, attraverso l’analisi nelle aree più colpite e con alti tassi di mortalità, di dati ambientali e di resistenza agli antibiotici, nonché elementi sociali e altri elementi di co-morbilità”.

Quali sono principali ostacoli per l’attuazione dell’approccio One Health?

“L’approccio One Health richiede il superamento di una serie di gap relativi a: comunicazione, formazione e risorse finanziarie…I suddetti ostacoli, comunicativi e formativi, sono legati principalmente allo scarso impegno politico nell’assegnazione di risorse finanziarie per la formazione,  per l’attuazione di progetti One Health a tutti i livelli (locale, nazionale e globale) e per la creazione di reti dedicate. Se si esaminano le recenti iniziative istituzionali comunitarie, One Health non ha il risalto che merita. Nel documento strategico della Commissione Europea ‘Dal produttore al consumatore: per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente’ (From Farm to Fork-F2F) ‘l’approccio One Health non viene considerato nella sua visione più ampia

In merito alla validazione degli strumenti necessari per la diagnostica, vaccini e altre opzioni di trattamento in un’ottica One Health …

La strategia veterinaria dell’UE per la salute degli animali, ispirata al principio “prevenire è meglio che curare” è legata alla disponibilità e al miglior utilizzo negli allevamenti di vaccini, farmaci e misure di bio-sicurezza, per limitare gli episodi di trasmissione virale inter-specie (animali selvatici-domestici) ed evitare che gli allevamenti diventino una fonte di problemi sanitari globali. La cooperazione internazionale, l’esistenza di standard animali armonizzati e i progressi in medicina veterinaria fanno si che le infezioni negli allevamenti, comprese le zoonosi, non si diffondano a livello globale allo stesso modo e con la stessa velocità del Covid-19. E’ noto che una forte accelerazione nelle azioni di contrasto a Covid-19 proviene dai progressi del sequenziamento genomico virale (Next generation sequencing ) con la condivisione globale ed analisi bioinformatica delle sequenze, dalla disponibilità di programmi di intelligenza artificiale ed algoritmi e dall’uso di modelli animali per lo sviluppo di trattamenti terapeutici e vaccini umani. Sempre in un’ottica One Health si colloca la creazione di vaccini animali contro alcune zoonosi come il vaccino contro la Febbre della Valle del Rift (FVR). La FVR è un’infezione che colpisce i ruminanti (pecore, capre, bovini e cammelli) e si trasmette all’uomo attraverso il contatto con animali infetti e relativi tessuti contaminati oltre che per puntura di zanzare infette. L’infezione umana nei casi gravi può causare cecità, encefalite e febbre emorragica ed ad oggi non esistono vaccini umani. Si tratta di una nuova tecnologia di vaccino vettoriale che utilizza un adenovirus della scimmia non replicante integrato con i geni che codificano alcune glicoproteine dell’envelope virale responsabili della risposta immunitaria. Oltre che per la FVR, la suddetta tecnologia viene attualmente utilizzata per lo sviluppo di vaccini contro le infezioni virali MERS,Chikungunya e Nipha.Questi nuovi vaccini costituiscono un esempio eccellente dell’approccio One Health che consente alle diverse discipline di ricerca di collaborare, per fornire soluzioni che giovano contemporaneamente agli animali, alle persone e agli ecosistemi. Nell’attuale corsa globale allo sviluppo di vaccini umani Covid-19 è in prima linea l’Università di Oxford che in collaborazione con la casa farmaceutica anglo-vedese AstraZeneca ha utilizzato la tecnologia ChAdOx1 per la produzione del vaccino virale vettoriale ChAdOx1 nCov-19 contenente il materiale genetico della proteina del picco del virus SARS-CoV-2. I trials sono stati condotti tra Aprile e Maggio su 1077 volontari sani, di età compresa tra i 18 e i 55 anni, per valutare la sicurezza, l’immunogenicità e l’efficacia del vaccino. 14 Sono in corso studi clinici umani di Fase I/II in Inghilterra e fase III in Brasile e Sud Africa. Se tutto andrà bene, entro la fine di Agosto potrebbe essere chiaro ai ricercatori se il vaccino funziona o meno ed il progetto prevede di renderlo disponibile per le emergenze entro il mese di Ottobre del 2020. Sempre sul tema One Health opera il progetto ZAPI (Zoonoses Anticipation and Preparedness Initiative) una piattaforma per la rapida caratterizzazione, progettazione e produzione su larga scala di vaccini per prevenire la diffusione di virus responsabili di infezioni animali ed umane come come la FVR, Schmallenberg e MERS. 15 ZAPI, che riunisce le istituzioni di ricerca veterinarie e quelle mediche, le ONG, le agenzie di regolazione e i produttori di vaccini e di biotecnologie, è finanziato con 9,5 milioni di euro (2015-2021) nell’ambito dell’azione “Preparazione e risposta” e concentrato sullo studio delle difese dei coronavirus animali per la definizione di trattamenti umani efficaci”.

Ringrazio il Dott. Ferri per il prezioso e autorevole contributo che spero servirà a tranquillizzare riguardo i nuovi allarmismi alimentari. Vi invito a commentare questo articolo e soprattutto a leggere anche la fonte  e ispirazione principale di questa intervista sul sito del SIMeVeP.

 

Valentina Tepedino

Medico veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e docente a contratto presso l’Università di Medicina Veterinaria di Bologna

 

Maurizio Ferri in breve

Coordinatore Scientifico Nazionale della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP), Vicepresidente UEVH (Unione Europea degli Igienisti Veterinari), Membro dell’EFSA Stakeholder Discussion Group on Emerging Risks,Sostituto del consiglio di amministrazione (2019-2023) dell’azione COST 1805 Ispezione delle carni basata sul rischio e garanzia integrata della sicurezza delle carni (RIBMINS) e membro del gruppo di lavoro 5, Membro del sottocomitato VetCEE per la sanità pubblica veterinaria, Membro del GMI (Global microbial identifier), Gruppo di lavoro 1: sfide politiche, sensibilizzazione e costruzione di una rete globale.

 

La SIMeVeP in breve

La Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP) è un’associazione di specialisti che operano a diversi livelli e con competenze specifiche per incrementare il livello di salute del Paese perseguendo il modello One World-One Medicine—One Health relativo all’interazione uomo- animale- ambiente.
Alla SIMeVeP, attiva da oltre dieci anni, sono iscritti circa 5000 medici veterinari che operano all’interno del SSN (Ministero della Salute, Aziende UUSSLL, Istituti Zooprofilattici Sperimentali), delle Università e del mondo libero professionale, nei settori della Sanità Pubblica, Prevenzione e Sicurezza Alimentare, Salute Protezione e Benessere degli animali, igiene urbana.
La Società attraverso rapporti di collaborazione con le Università e altre associazioni nazionali e le attività svolte dai propri gruppi di lavoro (link gruppo di lavoro) è divenuta, negli anni, un punto di riferimento formativo, culturale e tecnico-scientifico per tutta la categoria.