“Parlare di acquacoltura. Come comunicare al consumatore”. Questo il titolo dell’evento che si è tenuto il 15 febbraio a Pordenone Fiere organizzato da Eurofishmarket ed Aquafarm in collaborazione con l’Associazione Donne Medico Veterinario, il SIMeVeP e l’Ordine dei giornalisti di Pordenone. L’evento ha focalizzato l’attenzione sull’importanza della corretta informazione per una più corretta accettabilità sociale dell’acquacoltura.

A tale proposito, per tutti coloro non sono riusciti a parteciparvi, riporto nel mio Blog una breve sintesi con la promessa di approfondire successivamente tutti i principali temi trattati.

Innanzitutto ci tengo a ringraziare Alejandro Guelfo, direttore di misPeces , portale multimediale di riferimento, da circa 25 anni, per l’acquacoltura in Spagna in particolare ma anche per tutta l’Europa e l’America Latina. Quando gli ho chiesto di partecipare a questo evento e di portare la sua pluriennale esperienza nella comunicazione nel campo dell’acquacoltura ha subito accettato. Non solo in Italia infatti abbiamo numerose fake news riguardo l’acquacoltura ma anche in Spagna e nel mondo in generale poiché ancora non si è consolidata una cultura di questo settore che forse è cresciuto troppo velocemente e sul quale non sempre è semplice trovare o meglio sapere selezionare le fonti più affidabili. Mancano infatti spesso riferimenti di siti istituzionali dai quali “pescare” informazioni autorevoli sull’acquacoltura e sulla pesca e non è semplice “tradurre” i numerosi articoli scientifici pubblicati da enti di ricerca ed università, spesso appunto difficilmente comprensibili ai più e comunque non facilmente accessibili dai canali convenzionali. Dunque anche per i giornalisti o comunque per i professionisti della comunicazione non specializzati nel settore ittico non è semplice fare un corretto lavoro di informazione se non si rispettano almeno tre regole di base che il Direttore di Mispeces ha ricordato durante l’evento e che sono:

  • Verificare le fonti : che significa anche impegnarsi nel ricercare ed intervistare esperti, professionisti specializzati, ricercatori con un importante curriculum e pubblicazioni sull’argomento trattato. Spesso infatti non basta identificare come “autorevole” un docente universitario solo perché laureato in una determinata disciplina. Quello che conta è rintracciare un professionista che ha effettivamente esperienza su quella disciplina perché ha fatto ricerche e pubblicazioni scientifiche o perché ha fatto esperienze dirette sul campo specifiche sull’argomento di interesse.
  • Contestualizzare le informazioni: ossia inserirle all’interno del contesto più ampio del settore ricordando il loro impatto sull’economia, la società e l’ambiente. Anche fornendo dati e statistiche rilevanti a supporto.
  • Aggiornamento continuo: è fondamentale ricercare sempre gli ultimi aggiornamenti scientifici, legislativi, tecnologici, ecc. rispetto all’argomento affrontato poiché, appunto, la ricerca scientifica, la normativa e l’innovazione corrono veloci anche nel settore della pesca e della acquacoltura

Anche se si parla di divulgazione su testate e canali mediatici non scientifici ci vuole comunque rigore scientifico nella realizzazione dell’articolo o del servizio specifico.

Condivido tutte le “regole” suggerite da Guelfo che rappresentano per me l’ “abc” della corretta informazione. Certo sarebbe anche auspicabile creare il prima possibile, una piattaforma istituzionale utile a contenere tutte le informazioni inerenti questo settore filtrate da una commissione tecnico scientifica adeguata, al fine di fornire a tutti gli interessati un riferimento autorevole ed aggiornato rispetto a quanto di interesse su pesca e acquacoltura.

Durante la mia presentazione ho portato numerosi esempi delle principali o meglio delle fake news “evergreen” in merito al settore ittico ed in particolare sull’acquacoltura, dall’uso “senza scrupoli” degli antibiotici, ad indici di conversione elevatissimi a pratiche di produzione inventate.

Un giornalista presente in sala ha chiesto perché a fronte di numerosi casi di morte dovuta ad antibiotico resistenza non si parli di più di allevamenti ittici “antibiotici-free” sempre come modello virtuoso da seguire.

Il dottor A. Fabris, direttore dell’Associazione Piscicoltori Italiani nonché medico veterinario, ha risposto chiarendo innanzitutto che la maggior parte degli allevamenti in Italia avrebbe già i requisiti per poter avere questa certificazione che, però non è gratuita , come qualsiasi certificazione volontaria, e non tutti gli allevatori se la possono permettere. Inoltre, data la grandissima esperienza nel settore, è anche stato molto chiaro sui motivi per cui gli antibiotici vengono utilizzati, cioè per la garanzia della tutela del benessere animale e la lotta ad alcune patologie, ricordando tutta l’impalcatura normativa, molto stringente in materia di utilizzo di molecole che possano causare antibiotico resistenza.

Il Dr. Fabris, ha invitato i presenti a considerare la tipologia di antibiotici che sono colpiti da fenomeni di antibiotico resistenza, quasi sempre diversi da quelli utilizzati in acquacoltura (che sono in pratica solo quattro), invitando addirittura il giornalista a seguirlo negli allevamenti dove lavora per poter vedere come effettivamente funzionano gli impianti.

E’ stato ribadito anche che, è dovere del medico veterinario che prescrive i farmaci innanzitutto garantire la tutela della salute umana, ma allo stesso tempo anche quella degli animali. Di conseguenza, la prescrizione degli antibiotici rimarrà un’arma a disposizione per garantire il benessere degli animali e debellare o quantomeno contenere malattie che possono purtroppo insorgere, come è normale in biologia. E’ stato chiarito anche che negli ultimi dieci anni la situazione è cambiata tantissimo, con un implementazione importante delle misure di biosicurezza adottate per prevenire  l’insorgenza di malattie all’interno degli allevamenti e un calo drastico dell’utilizzo di antibiotici.

Il dottor C. Paolucci, collaboratore di Eurofishmarket e medico veterinario, è intervenuto inoltre per rinforzare il concetto espresso dal collega, e cioè che spesso l’antibiotico resistenza può svilupparsi a causa di un errato utilizzo di un antibiotico, senza basarsi prima su un antibiogramma, metodica che permette di misurare quale antibiotico è il più efficace e quale può addirittura risultare inutile. Ha inoltre fatto un esercizio provocatorio con i numerosi partecipanti all’evento, chiedendo chi avesse mai assunto un antibiotico in vita sua (tutti hanno alzato la mano), e di seguito a chi fosse stato prescritto un antibiogramma prima della ricettazione di antibiotico (meno del  due percento dei presenti ha risposto affermativamente), evidenziando purtroppo come, talvolta, i problemi sanitari non siano affrontati dal sistema in maniera olistica.

A fronte di questi interventi e precisazioni aggiungo quanto già condiviso insieme al gruppo di lavoro della SIMeVeP tempo fa, ossia che in Italia si registra un calo delle vendite di medicinali veterinari. Già dalle rilevazioni, nel 2016 si confermava la tendenza alla diminuzione delle vendite totali, pari all’8,4% rispetto al 2015; una riduzione ancor più significativa se si considera il calo del 30% rispetto ai dati del 2010. Si riscontra altresì una contrazione dell’8% anche per le forme farmaceutiche autorizzate, come premiscele, polvere e soluzioni orali, impiegate principalmente per i trattamenti di gruppo. Il trend positivo dimostra l’efficacia delle azioni pianificate e attuate nel settore veterinario per il contrasto all’AMR, in particolare della promozione di un uso prudente degli antimicrobici.

Dal 2019, con l’utilizzo del sistema informatizzato per la tracciabilità del farmaco e l’entrata in vigore nel nostro Paese della ricetta veterinaria elettronica è oggi possibile un monitoraggio ancora più efficace non solo sulla vendita, ma sull’effettivo consumo di medicinali veterinari, rinforzando in questo modo le azioni di contrasto all’AMR. I dati di vendita dei medicinali veterinari contenenti agenti antimicrobici sono raccolti come parte del progetto European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption (ESVAC), coordinato dall’EMA , a cui l’Italia partecipa dal 2010. Tutti i dati, oltre a essere elaborati e pubblicati annualmente in report europei, sono anche consultabili nel database interattivo dell’EMA.

Per i non addetti ai lavori ricordo anche che somministrare antibiotici per il produttore non è “indifferente”  perché rappresenta un costo, un lavoro extra, ulteriori controlli sul prodotto e produzioni con ulteriore dispendio di risorse umane e finanziarie ed una possibile macellazione posticipata rispetto a quanto preventivato. Gli antibiotici si possono utilizzare, come già indicato dai colleghi, solo sotto prescrizione di un veterinario, e il pesce d’allevamento può essere macellato solo dopo avere rispettato i cosiddetti tempi di sospensione successivi alla somministrazione e utili a eliminare gli stessi dalle carni dei pesci. Anche in questo caso, quindi, deve essere tutto sotto il controllo dell’autorità ufficiale competente per quel territorio.

A confermare il rigore dei controlli anche il Dott. A. Cereser dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie che ha sintetizzato il ruolo degli IZS, degli organi di controllo ufficiale in generale e di una corretta analisi del rischio dove, ribadisce, la qualità igienico-sanitaria delle produzioni alimentare di origine animale, come quelle ittiche in questo caso, sono un prerequisito utile a consentirne la loro ammissione al commercio o alla somministrazione.

Tutti gli enti di controllo e ricerca istituzionale sono a disposizione per una corretta informazione, sfortunatamente con tempistiche spesso molto lunghe dovute alla necessità di trafile burocratiche con le amministrazioni di appartenenza.

Anche per questo punto auspico che in futuro tutti questi enti possano semplificare le suddette “trafile” fornendo attraverso uffici e professionisti specializzati di un ufficio “relazioni esterne” la più giusta assistenza a chi ha necessità di chiarimenti e che per lavoro fa il divulgatore su questi temi.

Un impegno, quest’ultimo, già portato avanti da anni dalla Prof.ssa G. Parisi e dallo staff del suo Dipartimento dell’Università di Firenze. Un punto strategico che ha toccato la professoressa durante l’evento è infatti stato quello di individuare i “buchi neri” della comunicazione per riempirli poi in modo adeguato. Da sempre realizza anche studi che implicano interviste ai consumatori per verificare la percezione che quest’ultimo ha in merito al tema di interesse al fine di potere meglio comprendere gli eventuali punti critici che lo rendono poco accettabile. Ha lavorato molto in tal senso sull’accettabilità sociale dell’acquacoltura e, ad esempio, sull’accettabilità da parte dei consumatori del pesce alimentato con insetti.  Il suo lavoro è di notevole esempio per tutti noi che dobbiamo o vogliamo fare comunicazione e ci insegna, o meglio ci rammenta, che dobbiamo iniziare il nostro lavoro di comunicatori con il rispondere alle domande di chi legge, di chi non è competente nella nostra materia, di chi magari non ha una istruzione o è stato per anni convinto del contrario in merito al tema da noi trattato. Dobbiamo cogliere le fragilità emerse dalle interviste e rispondere in modo molto semplice e sintetico…a parte poi possiamo inserire tutte le nostre fonti bibliografiche da lasciare a disposizione per chi ha tempo e la capacità di consultarle.

Ringrazio anche la Prof.ssa M. Castrica dell’Università di Padova per il suo puntuale intervento inerente ancora la troppo scarsa accettabilità sociale in materia di “scarti” di lavorazione della produzione ittica e della loro potenziale nuova vita per il settore della mangimistica per i piccoli animali di affezione o i grandi animali da reddito così come per l’acquacoltura. Si parla tanto di “economia circolare” ma spesso si riscontra, a vari livelli della filiera ittica e nel consumatore, una sorta di contraddizione probabilmente dovuta ad una scarsa conoscenza del potenziale valore degli scarti visti troppo spesso solo in accezione negativa. Da anni la prof.ssa Castrica si occupa con il suo Dipartimento di valorizzare gli scarti di origine animale e sicuramente sarà fondamentale migliorare la comunicazione su questo argomento e strutturare una filiera degli scarti anche in Italia per trasformarli in una ulteriore opportunità economica e per l’ambiente del nostro Paese.

Dunque, tornando al tema del nostro evento, comunicare correttamente l’acquacoltura è possibile. Non è ne semplice ne poco impegnativo ma è necessario considerando che il cibo è cultura e se non abbiamo cultura di ciò che acquistiamo e mangiamo non possiamo farlo in modo davvero consapevole e dunque tutti i discorsi in merito alla qualità dei prodotti ittici, al loro benessere, alla loro sostenibilità diventerebbero l’opinione del “la qualunque” di turno senza nessun valore aggiunto per l’ambiente, l’economia del territorio, la nostra salute e il nostro portafogli.

Valentina Tepedino, Medico Veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e dell’Associazione Donne Medico Veterinario