Continua l’emergenza “Granchio blu” e purtroppo ad oggi non sono ancora presenti nel nostro Paese delle soluzioni almeno temporanee utili a confortare i produttori più colpiti da questo fenomeno. Si è capito che infatti che non sarà cucinarlo in mille modi differenti a fare la differenza e neppure lo farà il venderlo intero nei supermercati e nelle pescherie di tutta Italia. La gente non ha il tempo a casa di cucinare il granchio intero e molti, dopo avere provato una prima volta non si sentono di rifarlo non perché non sia buono ma perché non hanno tempo o perché non è risultata semplice la sua gestione in cucina o altro. Certo bisogna anche promuoverne il consumo e credo che ormai non ci sia un solo cittadino italiano che non abbia imparato cosa è il granchio blu ( o meglio il “granchio nuotatore”) e che è buono o comunque gradevole per chi consuma in generale anche i crostacei.

Quanto sto scrivendo deriva da una prima osservazione del mercato confrontandomi con alcuni dei più grossi player della distribuzione che hanno già visto un repentino calo delle vendite di questo prodotto e anche un calo dei sui prezzi. Inoltre l’offerta supera di gran lunga la domanda di granchio intero. Ricordo inoltre che è solo una piccola percentuale quella relativa al granchio di misura utile alla sua commercializzazione come intero. Dalle interviste effettate agli attuali maggiori “produttori” italiani solo circa il 10% di tutto il granchio pescato (fresco intero) è commercializzabile nelle pescherie poiché la gran parte è di una taglia non interessante per il nostro mercato.

Per quanto riguarda invece la vendita nazionale della polpa di questo granchio in Italia attualmente non esiste una vera filiera ne per quanto riguarda la sua produzione e ne per quanto riguarda la clientela. La lavorazione in polpa oltre a richiedere aziende specializzate e dunque attrezzate per la sua lavorazione meccanica o manuale ad hoc, ha attualmente costi elevati nel nostro Paese e poco  sostenibili sia a livello economico che a livello ambientale.

Non esiste ancora uno studio sull’andamento che avrà il granchio blu nel nostro Paese in termini di presenza e di quantità e non esiste attualmente un mercato di produzione organizzato e specializzato allo scopo poiché chi lo sta pescando in questo momento è prevalentemente un produttore di molluschi che sta verificando la possibilità di ridimensionare la quantità del granchio blu nelle sue aree di allevamento. Dunque non esiste una vera e propria rete consolidata di fornitori nazionali di granchio blu e neppure una previsione delle produzioni future nel nostro Paese.

Dunque non si può in nessun modo attualmente parlare di filiera del granchio blu in Italia e tantomeno di filiera sostenibile considerando che non esistono dei produttori specializzati e interessati a questo prodotto ma degli allevatori di molluschi “prestati” alla pesca del granchio. Questi ultimi, da fine giugno stanno lavorando a ritmi insostenibili per provare a liberare le loro aree di produzione dei molluschi dal granchio blu e, purtroppo, hanno già visto perso quasi tutto il loro raccolto del 2024. Ad oggi, a chi di loro si è riuscito ad organizzare nella raccolta è stato riconosciuto un euro/kg per il granchio blu pescato.  Ricordiamo che dalla vongola verace prendevano dal proprio Consorzio 10 euro/kg.

Sto parlando del costo a Kg di prodotto ( granchio blu) riconosciuto al pescatore. Successivamente sul mercato all’ingrosso e al dettaglio lo troviamo a prezzi differenti a seconda del giorno e della località. Quello che è certo è che il suo prezzo, come ho già scritto sopra, tende sempre più a scendere anche alla vendita. Settimana scorsa a Bologna sui banchi delle pescherie si trovava tra 4 e i 6 euro/kg intero fresco di taglia 300-400 grammi.

Non è possibile considerare “filiera” un ciclo di produzione in cui il produttore non ha un reale vantaggio economico dal suo lavoro. Questo tipo di filiera non è sostenibile non solo dal punto di vista economico ma neanche dal punto vista etico e sociale.

E senza uno studio sull’impatto ecologico e l’andamento del granchio blu non è neanche possibile ipotizzare una sua filiera nazionale ad hoc.

La dimostrazione della “non filiera” italiana del granchio blu si sta anche palesando attraverso la importazione di granchio blu da Paesi Extra-UE oltre che dai vicini Paesi UE. Il granchio blu di provenienza estera è spesso più grande e più competitivo a livello economico e vince forzatamente la “non concorrenza” con quello prodotto in Italia per tutte le ragioni suddette. Inutile prendersela con il grossista, il distributore o il consumatore perché sceglie “granchio blu” greco o atlantico. E’ il mercato e non si può chiedere al commerciante ne al consumatore di fare delle preferenze non giustificate.

Prima di chiedere a tutto il mercato di preferire il granchio blu “italiano” dobbiamo dargli un valore aggiunto oggettivamente valido, misurabile e controllabile.

Allora cosa è possibile fare per sostenere i produttori e contenere questa risorsa nelle nostre acque in attesa di conoscerne meglio l’andamento futuro?

Concludo questo intervento scrivendo che questa specie è un granchio già molto conosciuto in tutto il mondo, molto studiato e sul quale sono già a disposizione numerose applicazioni per utilizzarlo non in cucina o, almeno, non solo in cucina. Sarebbe dunque molto utile creare rapidamente delle partnership, delle reti di impresa tra operatori specializzati a tutti i livelli dalla produzione alla distribuzione al fine di creare una filiera senza grossi investimenti e in velocità e soprattutto già con contatti strategici per il posizionamento al più giusto prezzo dei prodotti e sottoprodotti a base di granchio blu.

Nel mio piccolo, insieme ad Eurofishmarket ed altri partner specializzati sto promuovendo lo sviluppo di queste reti di impresa e la partnership e, contemporaneamente, la partecipazione a progetti di ricerca utile ad uno studio accurato della risorsa ed al suo andamento futuro.

Invito tutti i lettori che hanno esperienza e specializzazione sul granchio blu a fornirmi un loro riferimento al fine di poterci confrontare in merito e collaborare ad eventuali progetti in corso o futuri. Ed invito chi è coinvolto nell’emergenza “granchio blu” a fare un commento su quanto ho scritto e segnalarmi la sua posizione in merito.

Valentina Tepedino, Medico Veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e dell’Associazione Donne Medico Veterinario