Il presente articolo o meglio “manuale pratico” è compreso nel quaderno n°15 in allegato al periodico Eurofishmarket (n. 32/2021) ed è stato realizzato dalla sottoscritta in collaborazione con il Dott. Fabrizio De Stefani, Medico Veterinario Specializzato in Ispezione degli alimenti di origine animale e promotore dell’iniziativa e con l’Avv. Luca Galizia di Lexfood, impegnato nel diritto alimentare e la Dott.ssa V. Galli di Eurofishmarket e mira a fornire delle linee guida in tema di modalità di trattamento a freddo dei prodotti ittici e delle relative informazioni per il consumatore da parte di operatori del settore alimentare che gestiscono esercizi di ristorazione di varia natura. E’ dunque una sorta di vademecum in cui si offre una panoramica generale in tema di adempimenti igienico-sanitari ed informativi a beneficio dei consumatori.

Il nodo più complesso da dipanare è quello della distinzione tra prodotti della pesca decongelati ed abbattuti termicamente a fini sanitari, posto che non vi sono indicazioni chiare né a livello normativo, né giurisprudenziale.

Tutte le imprese alimentari, compresi i pubblici esercizi quali ristoranti, bar, pasticcerie, mense, ecc., devono definire in autonomia le opportune modalità di analisi e gestione dei rischi igienico-sanitari che interessano la propria attività, elaborando un manuale in autocontrollo, secondo i principi dell’HACCP (“Hazard Analysis Critical Control Point”).

Se vengono trattati e somministrati prodotti ittici, un buon manuale dovrebbe contemplare le procedure relative alle operazioni da porre in essere sulle varie tipologie di pesce, a seconda della sua natura e modalità di consumo, distinguendo in particolare i trattamenti a freddo effettuati a fini di (i) bonifica preventiva e (ii) conservazione, avendo cura di precisare altresì le procedure di segregazione dei lotti che hanno subito trattamenti diversi, nonché di documentazione delle relative date, temperature, ecc.

Secondo la normativa euro-unitaria[1] i pesci pinnati o molluschi cefalopodi destinati ad essere consumati crudi/praticamente crudi oppure marinati/salati vanno sottoposti ad un trattamento di bonifica preventiva che, per quanto concerne i parassiti diversi dai trematodi, si esegue per mezzo di congelamento di ogni parte della massa del prodotto fino ad almeno:

  1. – 20 °C, per almeno 24 ore; oppure
  2. – 35 °C, per almeno 15 ore.

Terminato il lasso temporale sopra indicato, il trattamento deve considerarsi concluso.

Il prodotto così trattato non può essere sottoposto nuovamente a congelamento e deve essere consumato entro 24 ore dalla fine dello scongelamento.

PRASSI OLTREOCEANO

La FDA (Food and Drug Administration), l’agenzia federale statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha rilasciato le linee guida “Fish and Fishery Products Hazards and Controls che, al capitolo 5 (CHAPTER 5: Parasites), riconoscono come efficace per uccidere tutti i possibili parassiti presenti nei prodotti della pesca un trattamento attuato mediante “il congelamento e la conservazione a una temperatura ambiente di -4 °F (-20 °C) o inferiore per 7 giorni (tempo totale)”.

Seguendo l’impostazione pragmatica dell’agenzia statunitense, precisamente, si avrebbero tre modalità di congelazione sanitaria preventiva:

  1. abbattimento rapido e mantenimento ad una temperatura di -20 °C (o inferiore) per almeno 7 giorni continuativi, per la bonifica sanitaria di tutti i potenziali parassiti;
  2. abbattimento rapido e mantenimento ad una temperatura di -35 °C (o inferiore) per almeno 15 ore, per la bonifica sanitaria dei potenziali parassiti ad esclusione dei trematodi;
  3. abbattimento rapido e mantenimento ad una temperatura di -35 °C (o inferiore) per almeno 24 ore ad una temperatura -20 °C (o inferiore), per la bonifica sanitaria dei potenziali parassiti ad esclusione dei trematodi.

Le prescrizioni previste dalle norme UE, invece, valgono esclusivamente Per i parassiti diversi dai trematodi e segnatamente per l’Anisakis, ma non offrono alcuna garanzia per altri tipi di parassitosi.

Diversi studi hanno dimostrato, infatti, che “l’efficacia del congelamento per uccidere i parassiti dipende da diversi fattori, tra cui la temperatura del processo di congelamento, il tempo necessario per congelare il tessuto del pesce, il periodo di tempo in cui il pesce viene mantenuto congelato, la specie e la fonte del pesce ..” e dunque anche dallo spessore dei filetti del pesce che a seconda della specie e della sua taglia possono richiedere tempi più lunghi di trattamento o temperature più basse.

Pertanto, l’adozione dei criteri di sicurezza alimentare della FDA (“Fish and Fishery Products Hazards and Controls”), che prevedono di prolungare fino ad almeno 7 giorni la crioconservazione inferiore ai -20 °C dei prodotti della pesca da somministrare crudi o praticamente crudi, rappresenta una buona prassi al fine di eliminare ogni possibile parassita e non dovrebbe essere confusa con una congelazione a fini puramente conservativi.

POSSIBILITÀ INDIVIDUATI DAGLI AUTORI DELLA PRESENTE “POSITION PAPER” E OGGETTO DI UNA INTERROGAZIONE MINISTERIALE

Mirando all’obiettivo di fornire agli esercenti un indirizzo chiaro e a prova di contestazioni da parte delle autorità deputate ai controlli ufficiali e di tutelare nello stesso tempo il diritto dei consumatori ad essere informati correttamente, gli autori del presente documento si sono fatti promotori, assieme ad altri soggetti del settore, di una richiesta ai Ministeri competenti al fine di ottenere un chiarimento ufficiale sulla distinzione tra congelamento sanitario e congelamento commerciale, in modo da dare.

La proposta, in breve, prevede di poter definire esplicitamente il congelamento operato per almeno 7 giorni ad una temperatura di -20 °C o inferiore come abbattimento termico preventivo.

INFORMAZIONI AL CONSUMATORE

Nell’ottica di una struttura in cui vengono preparati alimenti destinati al consumo immediato (c.d. collettività, come ristoranti, mense, ecc.), quando un alimento o un suo ingrediente, in una qualunque fase del processo di preparazione, viene sottoposto a congelamento, surgelamento o abbattimento termico, ne va data una puntuale informazione all’avventore.

Il principio cardine è che mentre gli alimenti preconfezionati surgelati sono immediatamente riconoscibili da chiunque, quelli che vengono serviti sul piatto da un ristorante non possono essere identificati come decongelati o meno a colpo d’occhio. Si crea così una vera e propria asimmetria informativa tra esercente ed avventore, che va sanata con una doverosa indicazione nel menù, al fine di consentire a quest’ultimo di effettuare una scelta consapevole.

COSA SCRIVERE NEL MENU

  1. Per prodotti ittici pinnati o molluschi cefalopodi destinati ad essere consumati crudi/praticamente crudi oppure marinati/salati che siano stati eviscerati, decapitati, depinnati, toelettati, sfilettati, affettati, protetti sottovuoto entro 12 ore dall’acquisto e poi collocati in abbattitore termico, l’indicazione suggerita da scrivere nel menù potrebbe essere:

Pietanza ottenuta a partire da prodotti della pesca freschi sottoposti a trattamento termico per le finalità di bonifica sanitaria secondo le norme vigenti, precisando immediatamente dopo le modalità con cui il trattamento stesso è stato posto in essere, ad esempio:

  • Eseguiamo l’abbattimento termico ad una temperatura inferiore a [X]°C per un massimo di [N] ore”

–  “decongelato” o “scongelato”, in caso di permanenza in abbattitore per periodi più lunghi e comunque in ogni caso oltre 7 giorni.

2. Per i prodotti ittici di cui sopra interi o comunque NON pre-affettati o porzionati in pezzature tali da consentire il rapido congelamento (ancorché siano stati sottoposti a processo di bonifica sanitaria mediante abbattimento della temperatura) e per tutte le altre categorie di prodotti ittici congelati o surgelati:

–  “decongelato” o “scongelato”.

COME RIPORTARE LE DICITURE NEL MENU

Le modalità corrette sono:

  • asterisco sul menu accanto a ciascuna pietanza/ingrediente, riportando poi la dicitura corretta nella stessa pagina. Nel caso di alimenti decongelati, sono accettabili anche loghi/icone dal significato evidente (es. cristallo di ghiaccio);
  • due elenchi ben in evidenza ( in grassetto), uno per gli alimenti/ingredienti decongelati ed uno per quelli bonificati, da collocare all’inizio di ciascun gruppo di portate (quindi prima degli antipasti, dei primi, dei secondi, ecc.);
  • istruire il personale di sala affinché, ad ogni avventore e senza che questi chieda alcunché, elenchi gli alimenti/ingredienti decongelati e freschi-bonificati.

Un elenco posto alla fine del menu non è ritenuto valido, né tanto meno un’informazione data oralmente ma solo su richiesta del consumatore e neppure, infine, un’indicazione collocata in qualche parte della pagina con caratteri non evidenti (es. scritte in verticale, non in grassetto, ecc.).

SANZIONI

L’omissione dell’indicazione “decongelato” / “abbattuto” nei casi sopra visti può astrattamente configurare due tipologie diverse di illeciti:

  • illecito amministrativo, secondo l’art. 23, co. 1, in relazione all’art. 19, co. 9, d. lgs. 231/2017, punito con una sanzione pecuniaria da € 1.000 ad € 8.000;
  • illecito penale di frode in commercio, ex 515 c.p., punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino ad € 2.065.

Si evidenzia che le violazioni contestate saranno una per ogni ingrediente o pietanza per cui manchi l’indicazione di decongelato” / “abbattuto”.

In linea di massima, non essendo prevista dall’art. 23, co. 1, d. lgs. 231/2017 citato una clausola di riserva penale, l’irregolarità sul menu dovrebbe essere sanzionata solo amministrativamente, in virtù del principio di specialità (art. 9, l. 689/81), ma non si possono escludere condotte punite penalmente in quanto non interamente assorbite nell’illecito amministrativo (es. in caso di chiaro intento frodatorio).

Il mancato rispetto delle idonee procedure di trattamento dei prodotti ittici, invece, ricade sotto l’applicazione della L. 283/1962:

  • in caso di cattivo stato di conservazione, art. 5(b): pena dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda da € 309 a € 30.987;
  • in ipotesi di mancata bonifica preventiva, se ciò determina nell’alimento la presenza di parassiti, art. 5(d): pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o dell’ammenda da € 2.582 ad € 46.481.

Se il fatto costituisce un reato più grave, si applicherà la norma che lo sanziona, ad esempio il commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p., eventualmente a titolo di colpa ex art. 452, co. 2 c.p.), punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore ad € 51, in concorso con possibili lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) o, addirittura, con l’omicidio colposo (art. 589 c.p.).

Dott.ssa Valentina Tepedino –Medico veterinario specializzato nel settore ittico e direttrice Eurofishmarket

Dott.ssa Valentina Galli – Dott.ssa in giurisprudenza – Eurofishmarket

 Dott. Fabrizio de Stefani – Direttore del servizio di igiene degli alimenti di origine animale AULSS 7 Pedemontana

Avv. Luca Galizia – Avvocato – Lexfood – diritto alimentare

Documento riservato. Qualsiasi utilizzo dovrà essere preconcordato con gli autori firmatari dello stesso

*Per leggere il dossier completo e l’interrogazione ministeriale acquista i singoli articoli o l’intero numero 32/2021

[1] Regolamento (CE) n. 853/2004, allegato III, sezione VIII, capitolo 3, lettera D, modificato dal regolamento (UE) n. 1276/2011