Anche nel settore ittico una parola chiave di questi ultimi anni e soprattutto del futuro è stata e sarà sicuramente “sostenibilità” anche se, come ho scritto più volte, non è ancora chiaro, né a molti operatori del settore né a molti consumatori, il suo reale significato che attualmente è soggetto ad una interpretazione soggettiva più che oggettiva. E questo soprattutto perché non esiste in realtà una definizione di legge di “sostenibilità ittica” e la parola stessa può essere declinata diversamente a seconda del contesto al quale viene associata…ad es. sostenibilità economica, sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale, ecc.  Ma anche riducendo il campo alla sola “sostenibilità ambientale” in campo ittico si potrebbe aprire un dibattito considerando che il tema è davvero ampio e controverso e molto spesso viene sintetizzato e semplificato nel fatto che un determinato prodotto ittico abbia o meno delle certificazioni volontarie come ad es. “da pesca sostenibile”, “da acquacoltura sostenibile” o frasi e sigle simili o di riferimento per queste ultime. In realtà, ribadisco, finchè non ci saranno certificazioni pubbliche o almeno verificate dal sistema pubblico e linee guida e norme chiare su questo argomento persevererà la confusione in materia sia degli operatori che dei consumatori. L’ideale sarebbe, sempre a mio parere, che anche in materia di sostenibilità ittica l’informazione diventasse sempre più chiara e trasparente comunicando esattamente ciò che è il valore indicato sul prodotto. Ad esempio se il mio obiettivo è fare una spesa ittica più sostenibile sarei più attratta da una etichetta dove mi viene indicato in modo chiaro che sto acquistando delle cozze allevate in “calze” biodegradabili piuttosto che del pesce pescato con reti biodegradabili che da una etichetta dove viene riportato un marchio generico che mi dice che il prodotto è “sostenibile” magari rimandandomi ad un capitolato di diverse pagine e spesso incomprensibile per i non addetti ai lavori ( e non solo). Ecco…io credo che sarebbe meglio, in attesa di una migliore regolamentazione di questo ambito, fornire indicazioni brevi e mirate a sintetizzare il valore aggiunto che può meglio motivarmi all’acquisto anche in materia di sostenibilità “ittica”.

A tale proposito ho chiesto alla dott.ssa Carmen Scioti, laureata in Scienze e Tecnologie, specializzanda in Ambiente e Sviluppo e che sta attualmente collaborando con Eurofishmarket, di segnalarmi alcuni progetti interessanti proprio in merito alla sostenibilità. La dott.ssa Scioti è dunque partita da un tema fortemente dibattuto ultimamente ossia quello delle plastiche in mare e connesse microplastiche e nanoplastiche. “le reti da pesca abbandonate, perse o gettate in mare- mi riferisce la dott.ssa Scioti- rappresentano spesso una sconosciuta ma importante fetta dei rifiuti marini a livello globale con serie conseguenze da un punto di vista ambientale e socioeconomico. Da vari studi effettuati, si stima che la perdita di reti da pesca vari in un range da uno 0 % fino a un 79.8 % all’anno. La maggior parte delle reti da pesca ma anche delle reti utilizzate per l’acquacoltura sono realizzate in plastica. Sono in corso di studio i potenziali pericoli derivanti dalla degradazione delle plastiche in micro e nanoplastiche. Inoltre, esse rappresentano un pericolo per altre specie marine che potrebbero rimanere intrappolate nelle stesse avendo potenziali svantaggi nel preservare specie quali le tartarughe marine ma anche specie di interesse commerciale. Negli USA è stato stimato che ogni anno vi è una perdita del valore di 250 milioni di dollari nel commercio di aragoste a causa di “reti fantasma” e da 4 a 10 milioni di granchi rimangono intrappolati annualmente in Louisiana”.

Dunque sarebbe auspicabile oltre che opportuno, nel prossimo futuro, potere sostituire alle reti in plastica altre in materiale biodegradabile o comunque meno impattante. Ma esistono progetti di ricerca in tal senso? A tale proposito, su segnalazione e in collaborazione con la dott.ssa Scioti, abbiamo intervistato le Dott.sse Susanna Albertini e Michela Cohen della FVA¹ New Media Research e responsabili per la comunicazione del progetto “Glaukos” che hanno confermato che “ Nel panorama di ricerca attuale molti sono i progetti che mirano ad una gestione più sostenibile … gli step che occorrono sono la raccolta di informazioni ottenute coinvolgendo tutti gli stakeholders, valorizzare quelle salienti e progettare un prodotto quanto più confacente alle esigenze rilevate.”

E in merito alle possibili reti biodegradabili aggiungono: “Allo stato attuale delle cose, la commercializzazione di queste reti innovative non è ancora stata prevista ma è sicuramente parte del piano di miglioramento futuro. Queste ultime sono state pensate sia per l’acquacoltura che per la pesca in mare aperto prestando attenzione a parametri importanti quali la fattibilità di realizzazione e la durabilità. Le stime sono state calcolate anche a livello economico e i biopolimeri scelti saranno adattati alla tipologia di pesca e specie ittica selezionata.

Il progetto in questione per il quale siamo coinvolte si chiama Glaukos come la divinità Greca dei pescatori. Era credenza comune che lui proteggesse gli oceani, come è l’ambizione di questo progetto di sviluppare alternative innovative nel settore tessile per tutelare meglio i nostri oceani.

Glaukos svilupperà fibre tessili bio-based e il ciclo produttivo delle reti da pesca sarà quasi del tutto rivisitato, la loro performance in fatto di sostenibilità sarà migliorata significativamente, mentre le caratteristiche tecniche combaceranno con i requisiti delineati da chi le utilizzerà in seguito. Ambizione è anche quella di ridurre la carbon e plastic footprint derivanti da questo settore produttivo”.

Cos’è esattamente il progetto Glaukos e quali sono i suoi partner?

“Nell’ottica del programma di ricerca Europeo Horizon 2020, è stato presentato questo giugno il progetto Glaukos della durata di 4 anni che ha come obiettivo quello di realizzare fibre tessili biodegradabili da utilizzare sia per la creazione di reti da pesca ma anche nel settore dell’abbigliamento. Queste fibre dovranno assicurare performance tecniche e durabilità per ridurre la carbon e plastic footprint di queste attività. A tal proposito verranno effettuati studi sul ciclo di vita di queste fibre insieme a studi di ecotossicità negli ambienti marini sviluppando criteri di standardizzazione.

Il progetto vanta la collaborazione di 14 partners provenienti da 9 paesi europei fra cui Italia, Belgio, Danimarca, Olanda ed altri ancora ed è finanziato da Bio-Based Industries Joint Undertaking (BBI JU), una partnership pubblica-privata fra Unione Europea e un consorzio di industrie che lavorano sulle tecnologie bio-based. Le aspettative sono quelle di aumentare il tasso di biodegradabilità di poliesteri e poliammidi convenzionalmente utilizzati. Inoltre ci stiamo concentrando su ciò che è disponibile in Europa e progetteremo l’intera fornitura di materie prime sulla base di quali sono le migliori risorse in Europa per soddisfare meglio le nostre esigenze di prestazione”.

Gli obbiettivi principali del progetto Glaukos:

  • Aumentare la percentuale bio-based dei poliestreri e poliammidi contenuti nei prodotti tessili di almeno il 50 %
  • Mitigare l’inquinamento da microplastiche in tutti gli ambienti aumentando il tasso di biodegradabilità di poliesteri e poliammidi di almeno 100 volte rispetto alle convenzionali plastiche.
  • Conciliare le caratteristiche del prodotto descritte sopra con performance tecniche e durabilità, per assicurare un efficace e duraturo utilizzo di prodotti tessili quali le reti da pesca.
  • Spingere il potenziale bio riciclaggio dei prodotti (poliesteri e poliammidi) ottenuti da Glaukos sviluppando un compatibile riciclaggio per biocatalisi
  • Sviluppare rivestimenti per reti da pesca eco-friendly con un contenuto bio-based maggiore del 30 %
  • Coinvolgere stakeholders dell’industria tessile attraverso la messa a punto di stakeholders labs per l’industria del tessile e delle reti da pesca facilitando l’interazione fra consorzi e tutti gli stakeholders rilevanti in relazione ai consumatori finali e policy; comunicare attraverso un ampio pubblico e anche comunità con temi specifici; migliorare il quadro dell’innovazione sostenibile nell’industria tessile.

E’ prevista anche una sperimentazione delle reti da parte dei produttori ittici?

Il progetto è riconosciuto come TRL 5, ovvero la sperimentazione è prevista solo in laboratorio. Glaukos istituirà degli Stakeholders Labs costituiti da università, industria, responsabili politici e società civile che assicureranno che il progetto risponda in modo adeguato alle diverse esigenze e requisiti, tenendo conto delle sfide, degli ostacoli e dei colli di bottiglia specifici. Successivamente sarà necessaria la validazione e impostare un sistema di progettazione. Tuttavia la sperimentazione da parte dei pescatori/acquacoltori e la commercializzazione delle reti è un obiettivo futuro. Necessarie azioni per finanziare i pescatori (policy makers)”.

Il ruolo dei “policy makers”

Il ruolo dei policy makers sarà strategico per questo progetto per aiutare i pescatori tramite finanziamenti nell’adozione di attrezzature più ecocompatibili. Un altro concetto evidenziato è stato anche quello della sostenibilità sociale così come promosso nella politica “Science with and for society” di Horizon 2020. Necessaria sarà infatti una efficace comunicazione fra tutte le parti interessate per raggiungere risultati che possano fare la differenza”.

Le reti saranno sostenibili economicamente ?

Le reti sono state pensate sia per l’acquacoltura che per la pesca. Nel progetto verranno chiaramente realizzate delle stime dei costi ma questo progetto è mirato a testare altri parametri come la fattibilità e la durabilità delle stesse e la loro resistenza alla trazione e all’attorcigliamento”.

Tornerò prossimamente sul tema delle reti sostenibili e vi terrò aggiornati sul progetto Glaukos. Vi invito anche a partecipare alla discussione che lancerò in merito sui social. Ringrazio molto le Dott.sse Cohen e Albertini di FVA sia per l’intervista e sia per l’importante impegno che stanno portando avanti in questo campo con questo progetto e con numerosi altri per una sostenibilità maggiore e più concreta su diversi ambiti.

Valentina Tepedino

Medico veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e docente a contratto presso l’Università di Medicina Veterinaria di Bologna

 

¹FVA è una PMI italiana che opera dal 1990 nel campo della comunicazione dei nuovi media e delle soluzioni ICT avanzate per contesti di ricerca e organizzazioni. Dal 1998 FVA è coinvolta in progetti finanziati dall’UE come partner tecnico. Insieme ad una profonda competenza tecnica FVA può fornire ai progetti una forte esperienza interna in psicologia, creatività e apprendimento e una profonda conoscenza sulla stesura delle proposte e sulla gestione dei progetti di ricerca CE.

Per maggiori info consultate anche il sito del progetto Glaukos